Pur non
avendo doti di chiaroveggenza e neppure capacità investigative singolari, posso
dire che me l’aspettavo: era fin troppo facile, ma diciamolo pure banale e
scontato, dove si stava andando a parare.
Mi riferisco
ai provvedimenti presi dalle diocesi in seguito alle restrizioni previste
dall’autorità pubblica per prevenire la diffusione del Covid-19. Bisogna dire
che certe diocesi sono state previdenti tanto da riuscire ad anticipare i
provvedimenti civili: evitare il “segno di pace” (Deo gratias!) ed universalizzare la detestabile pratica della
comunione sulla mano. Infastiditi dall’aggettivo un po’ forte? Andatevi un po’
a vedere – solo a titolo esemplare e non esaustivo - cosa accadde nella mia
città (Trieste) nella Pasqua del 2019, poi ne riparliamo.
Volevano
rendere obbligatoria una pratica facoltativa? Posso, pur biasimandola,
comprendere la forzatura: guardando il livello di alcuni uffici liturgici delle
diocesi si capisce molto e qui mi fermo per non uscire dai binari del tema del
giorno. Ciò che registro come irricevibile ed anzi offensivo di intelligenze
pur ridotte al lumicino, è la motivazione adotta. Riduzione del rischio
contagio? Dunque un fedele giunge in chiesa (a piedi, in automobile, in bus),
siede e poggia le mani sul banco, maneggia i soldi (tranquilli! La raccolta è
ben lungi dall’esser sospesa) e poi riceve la comunione sulla mano per portarla,
infine, in bocca. Questa volta certe mitrie tanto chine allo stellone hanno
fatto finta di non leggere le disposizioni delle autorità preposte laddove
l’attenzione delle mani, specie se portate a contatto con le mucose (es. bocca),
si fa particolarmente meticolosa. La foga ideologica provoca la cecità o nella
migliore delle ipotesi la disattenzione. Davano per scontato che il comunicando
astergesse le mani previamente con l’amuchina ormai preziosa come il nardo? Non
continuiamo questa maldestra presa per i fondelli! Qualcuno pensa di essere
ancora nell’Italietta del secondo dopoguerra o sul cast di un film di
don Camillo e di rivolgersi al contadinotto che vota DC perché così vuole il
parroco: clericalismo duro a schiattare anche a fronte della sacralità
annientata.
Ma ecco
giungere i provvedimenti preventivi dell’Autorità su iniziativa di alcune
Regioni colpite, o viciniori alle prime, a firma del Governo. Alle diocesi il
compito, in un certo senso, di rendere “attuativi” certi dettami imposti per
prevenire il contagio. Ebbene al di là di variamente modulati inviti alla
preghiera, ora accorati, ora timidi talora sfumati, quello che è passato è una
sospensione delle celebrazioni sic et
simpliciter. Ora è fin troppo evidente, anche ad intelligenze di infimo
calibro, che la ratio della norma era
quella di scongiurare concentrazioni di persone in spazi ristretti e chiusi.
Come è stata “tradotta” o è passata la cosa? Basta scorrere i titoli dei
giornali per capire che la mia non è di certo un’esagerazione. Colpa dei
giornalisti? Troppo facile, e ancora una volta banale ricorrere al tipicamente
italico rimpallo/scarico di responsabilità. Le note emanate delle curie avrebbero
potuto essere redatte in altro modo facendo capire che, in ottemperanza alle
norme emanate, si sospendeva pro tempore
l’accesso dei fedeli alle celebrazioni liturgiche. Invece no. Per cortesia
evitiamo di nasconderci dietro al debole sofisma secondo il quale non vi è
scritto che sono vietate celebrazioni “private”, non nascondiamoci dietro un
dito e non cerchiamo, soprattutto, di turlupinare gli interlocutori.
Va detto, a
onor del vero, che alcuni presuli hanno evidenziato (con variegata “enfasi”) la
possibilità pei preti di offrire comunque il Sacrificio januis clausis ma, permettetemi, non è la stessa cosa: dire che la
vita liturgica prosegue al netto dell’impossibilità dei fedeli di prendervi
parte avrebbe avuto un altro significato. Ma ecco che proprio qui “casca
l’asino”: è lecito porsi il dubbio che qualcuno ritenga imprescindibile la
“dimensione assembleare” (certe volte questa “assemblea” ha la consistenza
numerica di un’assise condominiale, ma non voglio andare off topic).
Certo è
un’ipotesi, forse un giudizio temerario, qualcuno diceva che “a pensar male si
fa peccato ma ci si azzecca”, vabbé: vorrà dire che accuserò anche questo al
povero prete che dovrà udire la confessione dei miei innumerevoli ed
abominevoli peccati, in tal caso spero di non trovarmi a Padova o che non vi
sia una “padovanizzazione”. Perché cito la città che si gloria di ospitare il
corpo di sant’Antonio? Ebbene sono stati affissi sui portoni di chiese dei
manifestini laddove si staglia una bella scritta in carattere grassettato “Non
è possibile confessarsi”, poco più sopra si legge che “Sono sospese le
celebrazioni i sacramenti, sacramentali”. Fotografie della locandina sono
girate, in quest’epoca di comunicazione globale, tramite i social nella serata del 27 febbraio (mercoledì delle ceneri). È da
ritenersi che si tratta di un’iniziativa in un certo senso privata, ma
parimenti vien da pensare che se ci fosse stata chiarezza con ogni probabilità non
avrebbe avuto motivo di essere posta in essere.
Insomma poca
chiarezza ha dato motivo di far trovare le persone innanzi a un ben desolante
spettacolo: un “caporettismo” o un “ottosettembrismo” in salsa clericale più
che mai indigesto. Per certi dunque un’inaspettata vacanza per ritemprarsi da
fatiche pastorali indicibili consumatesi sui tavolini di qualche bar à la page
rigorosamente camuffati in griffati abiti civili, nel mentre si distinguono
dalla massa dei presenti solo per affettata disinvoltura e malacreanza. Non
tutti, certo! Ci mancherebbe! Ma esistono anche questi esempi come, grazie a
Dio ne esistono di ottimi ed edificanti, per carità.
La storia ci
ha consegnato tanti esempi nobili e l’attualità continuerà a farlo, certo la
posterità potrà ben classificare e confrontare le differenti risposte date.
Ovviamente l’odierna
scienza medica, forte dei suoi progressi ed acquisizioni, controindicherebbe l’organizzazione
di imponenti incontri di preghiera con masse di persone a ravvicinato contatto,
ma tra questo e sospendere tout court tutto ce ne passa. Una sospensione
che, tra l’altro, contribuisce a nutrire il clima di apprensione intorno il
diffondersi del “corona virus”. Dunque non sarebbe stato meglio, a monte,
essere più chiari e diretti? Non si poteva? E ancora non è lecito chiedere questo?
Non sarebbe stato più rassicurante sapere che la preghiera ufficiale della Chiesa
e l’offerta del santo Sacrificio continua come sempre e, perché no, più di
sempre?
Possa il
Signore presto liberarci da questa afflizione e anche da questi indegni spettacoli,
sia tutto ciò ventilabro che separa i veri pastori dai mestieranti che
ammantati di saccente e presuntuoso buonismo ci vengono a dire “pregate a casa”.
E a proposito di mestieranti tra poco sarà stagione di dichiarazione dei
redditi: ricordiamoci di tutto questo prima di apporre con leggerezza una firma.
Il Signore
ha donato alla sua mistica sposa la Chiesa delle ali robuste e possenti per
volare alto, altissimo sino a Lui, la smettano perciò certi uomini di Chiesa di
starnazzare in basso come animali da cortile, umiliandola e oscurando o sfregiando
la sua immagine.
In questa
santa Quaresima preghiamo per la salute dei nostri corpi, per i nostri fratelli
e perché il Signore ci doni pastori autentici secondo il suo cuore.
Domine miserere!
Salus infirmorum ora pro nobis!
Francesco G. Tolloi
francesco.tolloi@gmail.com