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mercoledì 11 novembre 2020

Celebrazioni a Trieste (Chiesa dei Santi Andrea e Rita, novembre 2020)


Un inizio novembre all’insegna del rito romano nella sua forma tradizionale quello della parrocchia triestina dei Santi Andrea e Rita. Domenica 1 novembre, nel pomeriggio, in una chiesa gremita di fedeli – pur nei limiti attualmente vigenti dai protocolli – l’amministratore parrocchiale don Samuele Cecotti ha celebrato la santa Messa della festa di Ognissanti. Il giorno 2 novembre, Commemorazione di tutti i fedeli Defunti, don Daniele Vascotto ha celebrato la santa Messa cantata cui ha fatto seguito l’Assoluzione al tumulo eretto nella navata della chiesa. Il giorno successivo la città di Trieste ha festeggiato il suo Patrono San Giusto, martirizzato nell’età dioclezianea nelle acque del golfo, presso la parrocchiale don Samuele Cecotti ha celebrato la messa tratta dal proprium diocesano al termine della quale ha impartito la benedizione con la reliquia del Martire. Le iniziative, in collaborazione con la Parrocchia, sono state promosse dalla sinergia tra l’Associazione Culturale “Santi Martiri Tergestini” e il Circolo Culturale “Guido Mattiussi S.J.”, due sodalizi costituitisi a Trieste durante il corso dell’anno. A partire da questa domenica (15 novembre), alle ore 16,30, presso la chiesa parrocchiale dei Santi Andrea e Rita, ogni terza domenica del mese sarà celebrata la Messa secondo l’antico rito romano.

Celebrazione di Ognissanti 2020



Celebrazione del giorno dei Morti 2020

Celebrazione di San Giusto 2020

lunedì 2 novembre 2020

San Giusto martire - 2 novembre -

In prossimità della festa di San Giusto, patrono principale della Città e Diocesi di Trieste, riprendo un mio contributo pubblicato dal settimanale diocesano "Vita Nuova" (le cui pubblicazioni sono cessate durante l'estate 2020) lo scorso 1 novembre. Aggiungo, come di consueto, le lezioni del secondo Notturno con traduzione e mi riservo ulteriori integrazioni.

Viva San Giusto nostro Patrono!

F.G.T.

 

Dettaglio di San Giusto
(campanile della Cattedrale di Trieste)

Era in corso l’ultima ma più sistematica e feroce delle persecuzioni che segnarono i primi secoli del Cristianesimo, quella inaugurata dall’imperatore Diocleziano, quando Giusto (“Justus opere et nomine” come dice il suo Inno), il 2 novembre del 303, saldo nella salvifica fede in Cristo fu messo a morte per annegamento nelle acque del nostro golfo.  L’esecuzione capitale – stando al racconto tramandatoci dalla sua Passio – era seguita a un processo, condotto dal governatore di Trieste Manacio, il cui esito era scontato stante il risoluto rifiuto di Giusto di rinnegare il Signore e, tantomeno, di offrire sacrifici agli idoli dei pagani. Fu così che Manacio pronunciò la sentenza di morte, dando ordine ai soldati affinché lo annegassero. Giusto si vide avvolgere mani e piedi con una robusta fune cui erano fissate pesanti zavorre: i romani volevano che il corpo del martire non riemergesse dalle acque per scongiurare che, ai suoi resti mortali, i cristiani rivolgessero la loro devozione e venerazione. 

Giusto affrontò il cammino verso il mare con serenità prendendo congedo dai fratelli nella fede che lo incontravano lungo la via. Caricato su una barca, una volta al largo, gli aguzzini lo gettarono nelle acque, certi che il corpo – così caricato – sarebbe rimasto sul fondale. Ma poco prima che il sole tramontasse all’orizzonte del nostro golfo, i lacci si sciolsero così che il corpo di Giusto fu sospinto dalla corrente sino ad una spiaggia, presumibilmente nella zona della Sacchetta. Quella notte il sacerdote Sebastiano ebbe una visione: Giusto, indicandogli il luogo dove erano giunte le sue spoglie, lo esortò a recuperarle e seppellirle in modo che i pagani non le profanassero. 

Alla visione del presbitero Sebastiano, va ricordato, era associata una seconda festa in onore del nostro Patrono principale che ricorreva il 27 giugno “In Apparitione S. Justi”, che fu espunta dai Propria diocesani all’epoca di san Pio X (ultimo a testimoniarcela, all’epoca di mons. Sterck, è il Proprium officiorum, Pars aestiva, Ratisbonae, Pustet, 1900, p. 28*). Come si è visto la nascita al cielo di san Giusto si ritiene essere il 2 novembre come riportato anche dal Martyrologium romanum, ma la sua festa si celebra il 3 ma è così da poco più di un secolo. 

Circa il motivo dello spostamento va precisato che è legato a motivi intrinseci alle norme liturgiche: ciò va detto perché periodicamente capita di sentire opinioni che lo vorrebbero legato ad un fattore estrinseco, ovverosia l’ingresso delle truppe italiane nel novembre del 1918 e l’annessione al Regno d’Italia della nostra città. A chiarirci che tale opinione è destituita del men che minimo fondamento basta porre attenzione al Directorium Liturgicum per l’anno 1918, stampato l’anno precedente (Trieste, F.lli Mosettig, 1917); esso era il calendario liturgico, redatto annualmente, laddove giorno per giorno – tenuto conto del calendario universale e di quello locale – si dava il modo di ordinare l’Ufficio Divino e l’indicazione di che Messa celebrare. Il 3 novembre di quell’anno cadeva di domenica: a Trieste, nel suo territorio e nella parrocchia di Castel San Quirico/Sočerga (diocesi di Capodistria) si celebrava san Giusto con il grado di Doppio di I classe con Ottava comune (p. 123 e s.). Puntualmente, il giorno precedente a Trieste, come ovunque, si era celebrata la Commemorazione dei Fedeli Defunti. Dunque la “riposizione” della festa nel 1918 era già avvenuta. Ma quale era stato il motivo, come si è detto intrinseco alle leggi liturgiche, che aveva cagionato questo spostamento? Esso è da individuarsi nel rapporto, detto di “occorrenza perpetua” tra la festa del nostro Patrono e la Commemorazione dei Defunti. Quest’ultima, negli anni precedenti, aveva subito una serie di modifiche: fino all’epoca di san Pio X, il 2 novembre era il primo giorno dell’Ottava di Ognissanti e di questa, secondo il calendario universale, si diceva l’ufficio cui – come in altre occasioni – si aggiungeva l’Ufficio dei Morti che non possedeva che le ore canoniche del Vespero, Mattutino e Lodi. Nell’occasione, l’ufficio dei Morti era celebrato con rito doppio e con il Mattutino composto da tre notturni (cfr. Breviarium romanum, Tornaci, Desclée, 1884, Pars autumnalis, p. 481 e s.). Con la riforma di san Pio X (bolla “Divino afflatu”, 1911), alla Commemorazione dei Defunti – pur mantenendo il rito Duplex – si modificano le lezioni del secondo notturno e terzo Notturno e si aggiungono le “Ore minori” (cfr. Breviarium romanum, Romae, Polyglottis Vaticanis, 1915, pp. 1411 e ss.). In sostanza si mise da parte l’usuale Ufficio della Feria dell’Ottava di Ognissanti e lo si sostituì con un Ufficio completo di cui parte è di nuova formulazione. Anche davanti al sopravvenuto “status quo”, almeno per un po’, Trieste mantenne la festa del Patrono principale al 2 novembre: ad attestarcelo è il Proprium officiorum approvato il 31 marzo del 1915 da mons. Andrej Karlin (Pars autumnalis, Ratisbonae, Pustet, pp. 7 * e ss.), di conseguenza la Commemorazione dei Defunti passava al giorno successivo. Lo stesso anno papa Benedetto XV con la Costituzione Apostolica “Incruentum Altaris Sacrificium” (10 agosto 1915), volle estendere un privilegio già concesso dal suo predecessore Benedetto XIV ai regni ispanici e lusitani (1748) ossia quello di dare a ciascun sacerdote la possibilità di celebrare, il giorno dei morti, tre Messe. Il motivo era dato soprattutto dalla guerra che stava insanguinando l’Europa, quell’immane conflitto che il papa, nella sua nitida lungimiranza, ebbe a definire “inutile strage”. È dinnanzi a questa fisionomia assunta dalla Commemorazione dei Defunti che la festa di san Giusto fu riposta al 3 novembre adeguandosi alla prassi già vigente fuori Trieste, nei luoghi laddove egli figurava nei calendari propri, di celebrarlo in tale giorno (es. a Gorizia). Esisteva però, fino all’epoca a noi più vicina di san Paolo VI, la possibilità che san Giusto fosse celebrato il giorno 2 novembre. Ciò avveniva allorquando il 2 novembre cadeva di domenica: la Commemorazione dei Defunti passava, infatti, il giorno successivo e, secondo il calendario universale si celebrava la domenica, che a Trieste veniva solamente commemorata ( per “occorrenza”) per lasciare posto ai testi del santo Patrono.

Francesco G. Tolloi

francesco.tolloi@gmail.com


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San Giusto regge il modello della Città di Trieste
(Cattedrale di Trieste, dettaglio da affresco del tardo XIV sec.)


Lezioni del secondo Notturno

[Lectio iv] Justus ex christiánis paréntibus Tergéste, Aquiléjæ provínciæ civitáte, natus sub Diocletiáno et Maximiáno princípibus, fervénti in Deum caritáte, præcípua in páuperes misericórdia, omníque génere virtútum flóruit. A Manátio præfécto, qui ab eísdem princípibus mandátum accéperat, occidéndi quoscúmque falsos deos venerári renuéntes, accersítus, se christiánam religiónem profíteri, et Christum Jesum verum Deum et hóminem venerári, inanésque géntium deos detestári líbere respóndit.

 

Giusto, nato sotto gli imperatori Diocleziano e Massimiano da genitori cristiani a Trieste, città della provincia di Aquileia, si distinse per una carità fervente verso Dio, una misericordia unica verso i poveri, e per ogni genere di virtù. Il prefetto Manazio, che aveva ricevuto il mandato dai due imperatori di uccidere chiunque avesse rifiutato di venerare i falsi dei, lo chiamò ed egli, con libertà, rispose di confessare la religione cristiana, e di venerare Cristo Gesù come vero Dio e vero uomo e di disprezzare gli idoli morti dei pagani.

[Lectio v] Cumque præses nec pollicitatiónibus, nec nimis Justum a sancto suo propósito dimovére valuísset, in obscúrum tetrúmque cárcerem detrúdi mandávit; ubi assíduis précibus per totam noctem Deum deprecátus est, ut ad palmam martýrii sua summa miseratióne, eum perdúcere dignarétur. Mane sequénti e cárcere edúctus Manátio sístitur, in eodémque propósito venerándi Christum Dóminum viríliter pérmanens, ac falsis diis sacrificáre recúsans, denudári ac diris flagéllis cædi jussus est.

 

Dal momento che il magistrato non potè smuovere Giusto dal suo santo proposito né con promesse né con minacce, ordinò di gettarlo in un oscuro carcere; ivi supplicò Dio con assidue preghiere per tutta la notte che si degnasse di condurlo per la Sua somma misericordia alla palma del martirio. Il mattino seguente, ricondotto dal carcere si trovò di fronte a Manazio, rimanendo virilmente fermo nel medesimo proposito di venerare Cristo Signore e nel rifiuto  di sacrificare ai falsi dei, si diede l’ordine di denudarlo e frustarlo.

[Lectio vi] At cum non solum fórtiter, verum étiam álacri ánimo eum præses sustinére vim tormentórum prospíceret, ira commótus, jubet et grávibus plumbi pondéribus ad ejus collum et manus alligátis, in mare demergerétur. Quod cum Justus audívit, vale dicto frátribus, suscípiens ípsemet póndera, quibus premebátur, festínans quasi ad épulas itúrus, ad litus progréditur, ibíque parva in scapha impósitus, et in altum delátus, atque in profúndum projéctus, preces Deo fundens, eíque grátias agens, martýrium consummávit quarto Nonas Novémbris. Fertur étiam, Sanctum eadem nocte cuidam presbýtero nómine Sebastiáno apparuísse, eíque imperásse, ut ejus corpus ad litus dirúptis vínculis jam appúlsum sepelíret, idque honorífice factum fuísse, multis conveniéntibus christiánis.

 

E quando il magistrato lo vide sopportare la durezza del supplizio non solo con forza ma quasi di buon animo, mosso dall’ira, ordinò che fosse annegato nel mare dopo avergli legato al collo e alle mani di pesi di piombo. Quando Giusto lo seppe, quasi quale un saluto augurale per i fratelli, prendendo egli stesso in mano i pesi dai quali era imprigionato, con passo veloce, quasi andasse a un pranzo, si reco alla riva, e li, entrato in una piccola barca, portato al largo, fu gettato nel mare, mentre pregava Dio e Gli rendeva grazie, consumando il martirio il quarto giorno prima delle none di novembre. Si narra anche che il Santo, la medesima notte, fosse apparso a un presbitero di nome Sebastiano e che gli ordinasse di seppellire il suo corpo che, liberato dalle catene, già era stato sospinto alla riva, e che ciò venisse fatto con grandi onori alla presenza di molti cristiani.

Da: Proprium Officiorum pro unitis Dioecesibus Tergestina et Justinopolitana, Pars Autumnalis, Ratisbonae et Romae, Pustet, 1918, pp. 8 e s. (vescovo A. Karlin)