Premessa.
È trascorso più di un lustro da quando pubblicai su un sito web
questa mia sintesi descrittiva sulla celebrazione della messa pontificale nelle
sue varie casistiche. Per motivi tecnici il sito non è più fruibile. Negli anni
più persone hanno ritenuto di contattarmi per chiedermi il testo e, ben
volentieri, ho loro trasmesso un file Pdf dello stesso. Profittando di
qualche momento libero in più dovuto a questa “quarantena”, ritendendo che il
lavoro avesse qualche validità - pur nella sintesi e nelle inevitabili mende -
ho pensato di porvi nuovamente mano per ripulirlo da qualche refuso e renderlo
fruibile su questo mio discontinuo blog.
Trattandosi, in ogni caso, di
uno scritto di una certa lunghezza ho ritenuto di suddividerlo in sezioni
tematiche ripartite in diverse pagine collegate fra di loro, di dotarlo di un
sommario con la possibilità di individuare la parte oggetto di interesse e di
offrire la possibilità di effettuare il download per consentire un’eventuale
stampa in tutta comodità.
Francesco G. Tolloi
Introduzione.
Anzitutto è doverosa una premessa circa le fonti normative: principalmente esse sono contenute nel Caeremoniale episcoporum, promulgato con la bolla Cum novissime di papa Clemente VIII il 14 luglio 1600, che conobbe sino al concilio ecumenico Vaticano II altre quattro edizioni tipiche, l'ultima delle quali è del 1886, dichiarata tipica regnante papa Leone XIII, e rimasta in vigore, seppure con vistose modifiche fino al 1985 [2] .
Il Caeremoniale episcoporum, ciò va chiarito, non è un manuale di
sacre cerimonie, bensì un libro liturgico ufficiale della Chiesa romana. A
differenza degli altri libri liturgici in esso non sono contenute formule -
cioè testi eucologici, letture, ecc. da recitarsi nelle sacre funzioni - se non
a titolo esemplificativo. Questo nulla toglie al fatto che le cerimonie, cioè i
gesti, le azioni in esso descritti e normati facciano parte della liturgia allo
stesso modo delle formule riportate negli altri libri (breviario, messale,
martirologio, pontificale, rituale). In quanto tali le cerimonie sono atto
ufficiale di preghiera e latria della Chiesa corpo mistico di Cristo. È proprio
al Caeremoniale episcoporum che le
rubriche del messale fanno rimando quando si tratta di normare le celebrazioni
di coloro i quali hanno il “diritto ai pontificali”.
Frontespizio dell'editio princeps del Caeremoniale episcoporum. |
La lettura d'insieme del
Caeremoniale episcoporum rileva in modo manifesto la dimensione ecclesiologica
dell'imperniarsi della vita ecclesiale della diocesi attorno la liturgia, in
modo peculiare la messa, proprio quella messa che il vescovo officia
pontificalmente nella sua cattedrale, o cui, assiste pontificalmente. Al giorno
d'oggi, quando di fatto la prassi della concelebrazione, specie nelle chiese
cattedrali, ha sostituito ed infine soppiantato la liturgia pontificale, lo
stesso aggettivo ‘pontificale’ risulta svuotato della profondità del suo
significato originario e intrinseco. Capita assai di frequente, anche nella
“forma antica” - detta “forma straordinaria” secondo la definizione del motu
proprio “Summorum Pontificum” [3] - di assistere a celebrazioni che in realtà
sono forme non codificate o previste di ibridazione - nella più parte dei casi
- tra la messa solenne e quella pontificale, con semplificazioni che spesso comportano
l’omissione dell’uso di insegne, ovvero, al contrario, l’uso di insegne quando
non previste. È perciò opportuno chiarire di che cosa si stia ragionando.
La messa pontificale è quella
celebrata dal sommo pontefice, cardinale, vescovo oppure prelato inferiore
(abati e protonotari apostolici) con le caratteristiche che le sono proprie, e
che derivano anche dall'utilizzo di particolari tratti cerimoniali e specifiche
insegne. La descrizione dei pontificali non può che muovere che dal
Caeremoniale episcoporum, sarà perciò di certo non superfluo osservarlo più da
vicino anche considerando, brevemente, la sua genesi: ciò ci porterà, senza
dubbio, a una chiave di lettura più chiara e aderente alla realtà della materia
che viene trattata [4].
L’edizione princeps clementina
del 1600 dichiara nel suo stesso frontespizio che il testo è “novissime
reformatum”, in realtà esso è un punto di arrivo e un momento di sintesi in cui
gli usi liturgici romani, codificati nei diversi ordines, riferiti alle
cerimonie papali ed intorno ad essi strutturati, conoscono un adattamento ai
più ristretti spazi di una cattedrale e negli ambiti di giurisdizione di un
vescovo. Se dovessimo infatti cercare un libro antecedente recante lo stesso
titolo – diversamente, ad esempio, che per gli altri libri liturgici come il
messale e il breviario - la nostra ricerca risulterebbe sicuramente vana;
riferendosi a libro simile anche nel titolo promulgato direttamente
dall’autorità, si può opinare che la denominazione appaia la prima volta proprio
con l’edizione di Clemente VIII . È vero però altresì che la parola
“Caeremoniale”, intesa nell’accezione di libro ricomprendente la descrizione
puntuale ed attenta delle cerimonie, fosse sicuramente già in uso nel secolo
precedente: non a caso Giovanni Burcardo (+ 1506) nel suo Ordo missae (base per
la redazione del Ritus servandus del Missale Romanum di papa san Pio V del
1570) nel demandare al sommo pontefice, ai cardinali, patriarchi, arcivescovi e
vescovi le norme per le celebrazioni pontificali, fa riferimento alle
prescrizioni contenute nel cerimoniale e nel pontificale [5].
La redazione dell’editio princeps seicentesca fu il
prezioso e originale risultato di una iniziativa che mosse da papa Gregorio
XIII il quale intervenne personalmente nel lavoro svolto da due porporati di
illustre fama: san Carlo Borromeo e il cardinale Gabriele Paleotti. Alla morte
di san Carlo (1584) la redazione si bloccò. Nel 1588, essendo regnante papa
Sisto V, fu creata la “Congregatio pro sacris Ritibus et Caeremoniis”, negli
intenti di questo papa vi era quello di accelerare la conclusione dei lavori
redazionali ma, al momento della sua morte avvenuta nel 1590, non si era ancora
giunti a qualcosa di concreto. In rapida successione salirono sul soglio
petrino tre papi; nel 1592 il conclave designò sommo pontefice Ippolito
Aldobrandini che prese il nome di Clemente VIII. Fu proprio papa Clemente in
modo diretto ad accelerare i tempi e giungere alla chiusura dei lavori in
questo profittevolmente affiancato dai cardinali san Roberto Bellarmino, Cesare
Baronio, Silvio Antoniano e Luigi Torres (che assurse alla dignità della
porpora più tardi).
A quanti lavorarono alla redazione del Caeremoniale episcoporum appariva evidente ed altresì urgente la necessità, in una Chiesa rinnovata dal concilio tridentino, di disporre di un nuovo ordo romanus che adattasse gli usi papali a quelli di una cattedrale - e per conseguenza di una chiesa collegiata - ove per ampiezza d’ambiente e disponibilità di clero, fosse possibile l’esecuzione solenne della liturgia romana nella sua grandiosa semplicità [6]. Antesignani nell’immediato del Caeremoniale episcoporum clementino possono essere considerate le opere di Agostino Patrizi Piccolomini Rituum ecclesiasticorum sive sacrarum
cerimoniarum Ss. Romanae ecclesiae [7], di Paride Grassi [8] nonché il terzo
libro del Pontificalis Liber del summenzionato Patrizi Piccolomini e di
Giovanni Burcardo [9].
A quanti lavorarono alla redazione del Caeremoniale episcoporum appariva evidente ed altresì urgente la necessità, in una Chiesa rinnovata dal concilio tridentino, di disporre di un nuovo ordo romanus che adattasse gli usi papali a quelli di una cattedrale - e per conseguenza di una chiesa collegiata - ove per ampiezza d’ambiente e disponibilità di clero, fosse possibile l’esecuzione solenne della liturgia romana nella sua grandiosa semplicità [6]. Antesignani nell’immediato del Caeremoniale episcoporum clementino possono essere considerate le opere di Agostino Patrizi
Note:
[1] Tra i tanti autori: M. BAULDRY, Manuale sacrarum caeremoniarum,
Venetiis, Balleonium, 1711; A. PISCARA CASTALDO, Praxis caeremoniarum, Neapoli, Scoriggium, 1645; B. FAVRIN, Praxis solemnium functionum episcoporum,
Ratisbonae-Romae-Neo Eboraci-Cincinnati, Pustet, 1906; P. MARTINUCCI, Manuale sacrarum caeremoniarum, Romae,
Cecchini, 1879-1880², voll. 6; P. MARTINUCCI, Manuale sacrarum caeremoniarum, emendavit et auxit G. B. M.
MENGHINI, Ratisbonae-Romae-Neo Eboraci, Pustet, 1911-1915³, voll. 4; L. LE
VAVASSEUR-J. HAEGY, Les fonctions
pontificales, revue et mis a jour par L. STERCKY, Paris, Lecoffre, 19324,
voll. 2; si segnala per
sintesi e semplicità delle descrizioni
G. SESSOLO, Le sacre cerimonie
della messa pontificale e dei vespri pontificali al trono e al faldistorio,
Roma, Marietti, 1946. Tra i commentatori il primo in ordine di tempo fu G.
CATALANO, Caeremoniale episcoporum nunc
primum commentariis illustratum, Parisiis, Jouby, 1860, voll.2; eccelle: L.
GROMIER, Commentaire du Caeremoniale
Episcoporum, Paris, La Colombe, 1959. Introduzione assai approfondita al Caeremoniale: I. NABUCO, Ius pontificalium,
Parisiis-Tornaci-Romae-Neo Eboraci, Desclée, 1956. Segnaliamo anche: I.
BOURGET, Cérémonial des évêques commenté
et expliqué, Paris, Lecoffre, 1856, l’importanza dell’Opera risiede più che
nella qualità del commento nella singolare peculiarità di riferire gli usi
romani talvolta anche difformi dalle prescrizioni del Caeremoniale episcoporum.
[2] Utilizzo l’edizione Caeremoniale Episcoporum, Taurini-Romae, Marietti, 19355
[d’ora in poi CE], che riproduce appunto la typica
leoniana stampata dalla casa editrice Pustet di Ratisbona.
[3] BENEDETTO XVI, Motu proprio Summorum Pontificum, 7 luglio 2007, in «Acta Apostolicae
Sedis» [d'ora in poi AAS] XCIX (2007), pp. 777-781, in particolare p. 779.
[4] Sulla complessa genesi del Caeremoniale Episcoporum A. M. TRIACCA -
M. SODI, Introduzione a rist. anast.
di Caeremoniale Episcoporum (Romae,
Ex Typographia linguarum externarum, 1600), Città del Vaticano, Libreria
Editrice Vaticana, 2000.
[5] G. BURCARDO, Ordo Missae, Romae, de Besicken, 1502, f . 3v.
[6] I. NABUCO, La liturgie papale et les origines du Céremonial des Évêques, in Miscellanea Mohlberg, I, Roma, Edizioni
Liturgiche, 1948, pp. 283-300.
[7] L’opera, rimaneggiata e pubblicata dal vescovo
Cristoforo Marcello, conosciuta anche come Caeremoniale Romanum, fu la base per
la regolazione delle funzioni papali, A. PATRIZI PICCOLOMINI, Rituum
ecclesiasticorum sive sacrarum cerimoniarum Ss. Romanae ecclesiae, Venetiis, De
Gregoriis, 1516, che ha conosciuto più edizioni. Significativa la
differenziazione delle tre casistiche che vedono il papa celebrante, assistente
o assente.
[8] P. GRASSI, De Caeremoniis Cardinalium et Episcoporum in eorum Dioecesibus,
Romae, Donangelum, 1587.
[9] A. PATRIZI PICCOLOMINI – G. BURCARDO, Pontificalis liber, Romae, Plank, 1485
(rist. anast. a cura di M. SODI, Città del Vaticano, Libreria Editrice
Vaticana, 2006).
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