Messa prelatizia.
Se il vescovo celebra la messa in canto, questa assume sempre la
forma del pontificale. Quando non la canta, la messa letta del vescovo in
alcune circostanze, è detta prelatizia [48], si distingue anzitutto
per la presenza di un certo numero di chierici, uno o due dei quali –
denominati “cappellani” - assistono permanentemente il celebrante alla
predella; dal Sanctus alle abluzioni l’assistente che sta alla sua destra, solo
esso, se è sacerdote (o diacono) può indossare la stola [49] . Tale forma di
celebrazione è praticata anche dal papa, dai cardinali e dai prelati inferiori.
In tal caso in mezzo all'altare - ove il prelato celebra e prima ancora riveste
i paramenti - in luogo delle cartegloria o tabelle, è disposto il canon missae ed accanto al messale viene
collocata la bugia con la candela accesa.
Messa prelatizia celebra S. E. Mons. M. Toccabelli, vescovo di Siena (1935-1961) |
Alla messa prelatizia, che può
essere accompagnata dal suono dell'organo o da cantici, non però dal canto
dell'ordinario della messa, il prelato celebrante non indosserà la tunicella e
la dalmatica sotto la pianeta e neppure le altre insegne; se è vescovo o
cardinale il suo capo sarà coperto dallo zucchetto (eccetto dalla segreta alle
abluzioni dopo la comunione), non usa
mitra né pastorale, neppure per incedere, predicare o benedire il popolo [50]
le uniche insegne pontificali sono l’anello e la croce pettorale, col suo
cordone (“crucicordo”), indossata prima della stola e tenuta sotto la pianeta.
Durante l’elevazione vengono portati i ceri.
Messa prelatizia. Elevazione. |
Indosserà tutte
insegne pontificali prima elencate solo ed esclusivamente se durante la messa
letta vi è il conferimento degli ordini.
Il vescovo – dopo le abluzioni –
riceve la lavanda delle mani, dà la benedizione usando la consueta formula
vescovile e tracciando i tre segni di croce.
Non sempre, come anticipato, i vescovi – e come vedremo i
cardinali - possono pontificare al trono: in questo caso la messa in canto
avviene sempre in forma pontificale ma con minore solennità e con alcuni tratti
caratteristici.
Il vescovo residenziale fuori del proprio territorio, oppure in
diocesi alla presenza del metropolita o quando cede il trono a un cardinale,
così il vescovo titolare, coadiutore, ausiliare - e oggi credo sia da ritenere
anche emerito – i cardinali nell’Urbe (per i dettagli vedi sotto), i
protonotari apostolici delle prime due classi celebrano pontificalmente al
faldistorio: l'antica sella curulis.
In questo caso il vescovo o il cardinale non può usare il pastorale [51], è ministrato dal diacono
e dal suddiacono della messa, e dal presbyter
assistens in piviale. Il faldistorio trova la sua collocazione in plano al lato dell'epistola e
talvolta è collocato su una predella. Il celebrante vi siede rivolto al popolo,
mentre quando sta in piedi (per esempio quando deve cantare le orazioni), si
rivolge all'altare.
Anche per il pontificale al faldistorio il vescovo indossa tutti i
paramenti e le insegne previste per il pontificale al trono, li assume, però,
al faldistorio stesso [52]. L’officiante non
benedice chi lo incensa, chi gli somministra la lavanda delle mani e si astiene
pure di benedire spostandosi e incedendo. L'unica insegna che in questo caso,
di regola, non si adopera è il pastorale che – di norma - può portare solo il
vescovo nel proprio territorio di giurisdizione, altrimenti per concessione
dell'ordinario del luogo. Poiché, come detto, ormai al vescovo estraneo può
essere concesso anche il trono, nella prassi si tende a mettere insieme l'uso
(o il non uso) del pastorale con quello del trono stesso [53].
La parte iniziale della messa, con le preghiere ai piedi
dell’altare, è sostanzialmente uguale a quella della messa pontificale al
trono. Il vescovo compiuta l’incensazione, prima di essere incensato egli
stesso, riceve la mitria preziosa per mano del cerimoniere non essendovi
diaconi assistenti ed avendo il diacono le mani occupate dal turibolo che ha
appena ricevuto. Ricevuta l’incensazione, il vescovo - premesso un inchino alla
croce - si reca per breviorem al
faldistorio. Seduto su di esso trova innanzi a sè il suddiacono, il diacono e
il prete assistente. Premessa la riverenza il diacono toglie la mitria al
vescovo. Alzatosi, il presule, si volge in direzione dell’altare (guardando
verso il cornu epistolae); tra
faldistorio e gradini dell’altare si collocano i chierici che ministrano al
libro e alla bugia, il vescovo legge l’introito e alterna il Kyrie avendo ai suoi lati, in posizione
leggermente arretrata diacono e suddiacono. Il presbyter assistens dà le opportune indicazioni stando presso il
messale alla destra del vescovo stesso. Se la prolissità del canto del Kyrie lo richiede il vescovo può sedere,
in tal caso riceve la mitria dal diacono e il gremiale da parte del suddiacono.
I ministri, ossequiato il vescovo con un inchino profondo, si recano allo
scanno che si suole usare per le messe solenni in cornu epistolae e seggono coprendosi il capo.
All’intonazione del Gloria
– una volta che il vescovo ha deposto con l’ausilio dei sacri ministri la
mitria e il gremiale – diacono e suddiacono si pongono unus post alium, come alle “colonne” che vengono regolarmente fatte
dagli stessi alla messa solenne. Il prete assistente regge il libro innanzi al
vescovo avendo accanto a sè il ministro del libro e quello della palmatoria,
intonato l’inno angelico consegna il libro al chierico [54]. Terminata la lettura del
Gloria i sacri ministri si portano
innanzi al vescovo, salutatolo assieme con inchino profondo, il diacono toglie
la mitria e il suddiacono il gremiale, i due si pongono nuovamente in colonna e
il presbyter assistens va a sostenere
il libro (vedi quanto si è detto a tal proposito alla nota 54, altrimenti si
mette a destra del vescovo). Levatosi in piedi, il presule, saluta gli astanti
col Pax vobis, voltatosi verso
l’altare canta la colletta (o le collette) prescritta rischiarato dalla candela
che arde sulla palmatoria. Una volta messosi a sedere e coperto dalla mitria
aurifregiata per mezzo del diacono, ascolta l’epistola proclamata dal
suddiacono che sta innanzi a lui; il sacerdote assistente e il diacono vanno a
sedere.
Terminata l’epistola il suddiacono - premessa genuflessione
all’altare - si porta innanzi al vescovo, bacia la sua mano ricevendo la
benedizione, sostiene innanzi a lui il libro dal quale lo stesso leggerà
l’epistola e ciò che segue nonché, segnatosi more solito, il vangelo [55].
Frattanto il diacono si
reca a portare l’evangeliario sulla mensa dell’altare e si porta quindi alla
destra del vescovo, ivi ministra l’infusione dell’incenso, torna all’altare e -
recitato in ginocchio sul bordo della predella il Munda cor meum - va a chiedere la benedizione. Il vangelo viene
proclamato come di consueto; il vescovo stando in piedi - una volta toltagli
dal cerimoniere la mitria - ascolta il vangelo volgendosi in direzione del
diacono. Compiuta la proclamazione del vangelo, il suddiacono porta a baciare
l’inizio del testo al vescovo il quale è incensato dal diacono.
Messa pontificale al faldistorio. Epistola. |
Per il Credo lo
svolgimento è analogo a quanto descritto per il Gloria. Letto l’offertorio le chiroteche vengono levate dal diacono
e dal suddiacono. Il proseguimento della messa è identico a quello del
pontificale al trono ma all’offertorio non vi è la pregustazione e,
all’incensazione, è il cerimoniere a mettere e togliere la mitria al vescovo.
Note:
[48] Le prescrizioni sono in CE I, xxix.
[49] L. GROMIER, Commentaire … cit., p. 231, sostiene che l’ufficio di cappellani
alla messa prelatizia del vescovo non sia di pertinenza dei canonici, così come
ritiene inutile l’uso della stola nel corso del suo l’esercizio: il cappellano
che sta a destra, se in sacris, copre
e scopre il calice e estrae la pisside dal tabernacolo; ora per recare le sacre
specie al trono alla messa pontificale papale il suddiacono apostolico non
indossa in ragione del suo ufficio la stola. Che la stola non sia necessaria si
evince anche da I. BOURGET, Ceremonial
des évêques…cit., p. 287, ivi è riferito il fatto che il cardinale diacono
primo assistente durante la cerimonia del Corpus
Domini officiata dal sommo pontefice espone il Santissimo pur essendo senza
stola.
[50] Cfr. CE I, xxix, 11. Nulla
impedisce - così L. GROMIER, Commentaire … cit., p. 236 - al vescovo che vorrà
predicare di coprirsi il capo con la berretta; I. BOURGET, Cérémonial des évêques
commenté…,cit., pp. 178 e s. riferisce la costumanza romana, attestata nelle
solennità, di far indossare la mitria nell’incedere (quindi il celebrante
assume e depone i paramenti in sacrestia), nel predicare, nel lavarsi le mani e
nel benedire. Che tale costumanza – contraria alle prescrizioni del
Caeremoniale episcoporum (I, xxix, 11) e alle opinioni degli autori – sia da
riprovarsi ce lo riferisce: SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Decreto 20 giugno
1899 n. 4035, in Decreta Authentica…, cit., III, p. 366.
[51] Si fa eccezione per le
cerimonie che lo richiedono espressamente, ad esempio il conferimento degli
ordini, cfr. CE, I, xvii, 5. Il pastorale va sempre portato con la parte
curvata volta in avanti: cfr SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Decreto 26 novembre
1919 n. 4535 in Decreta Authentica…, cit., VI, pp. 28 e ss. (in particolare al
punto 3, p. 30).
[52] L. GROMIER, Commentaire … cit., pp. 314-315, stigmatizza la tendenza a far
somigliare il pontificale al faldistorio a quello al trono, ivi depreca l’uso
di porre le mitrie sulla mensa come avviene nel secondo caso.
[53] Qualora dovesse usare il pastorale per
qualche funzione del Pontificale Romanum
che lo prescrive (p. e. il conferimento degli ordini), lo porterà anche per il
resto della messa.
[54] L. GROMIER, Commentaire…, cit., p. 316, reputa che il presbyter assistens durante la messa pontificale al faldistorio non
debba - per analogia con quanto fa ai vesperi pontificali al faldistorio -
reggere il libro quando il vescovo canta e per tanto demanda tale compito
sempre al chierico del libro.
[55] Come già ricordato alla nota 26 secondo
l’edizione del messale del 1962 la lettura privata delle pericopi scritturali è
omessa.
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