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lunedì 13 aprile 2020

(3) La Messa Pontificale. Tipologie - Caratteristiche - Peculiarità. (Messa prelatizia e Messa Pontificale al Faldistorio)


Messa prelatizia.

Se il vescovo celebra la messa in canto, questa assume sempre la forma del pontificale. Quando non la canta, la messa letta del vescovo in alcune circostanze, è detta prelatizia [48], si distingue anzitutto per la presenza di un certo numero di chierici, uno o due dei quali – denominati “cappellani” - assistono permanentemente il celebrante alla predella; dal Sanctus alle abluzioni l’assistente che sta alla sua destra, solo esso, se è sacerdote (o diacono) può indossare la stola [49] . Tale forma di celebrazione è praticata anche dal papa, dai cardinali e dai prelati inferiori. In tal caso in mezzo all'altare - ove il prelato celebra e prima ancora riveste i paramenti - in luogo delle cartegloria o tabelle, è disposto il canon missae ed accanto al messale viene collocata la bugia con la candela accesa.
Messa prelatizia
celebra S. E. Mons. M. Toccabelli, vescovo di Siena (1935-1961)
Alla messa prelatizia, che può essere accompagnata dal suono dell'organo o da cantici, non però dal canto dell'ordinario della messa, il prelato celebrante non indosserà la tunicella e la dalmatica sotto la pianeta e neppure le altre insegne; se è vescovo o cardinale il suo capo sarà coperto dallo zucchetto (eccetto dalla segreta alle abluzioni dopo la comunione),  non usa mitra né pastorale, neppure per incedere, predicare o benedire il popolo [50] le uniche insegne pontificali sono l’anello e la croce pettorale, col suo cordone (“crucicordo”), indossata prima della stola e tenuta sotto la pianeta. 
Durante l’elevazione vengono portati i ceri.

Messa prelatizia. Elevazione.

Indosserà tutte insegne pontificali prima elencate solo ed esclusivamente se durante la messa letta vi è il conferimento degli ordini. 

Il vescovo – dopo le abluzioni – riceve la lavanda delle mani, dà la benedizione usando la consueta formula vescovile e tracciando i tre segni di croce.

Messa Pontificale al Faldistorio.

Non sempre, come anticipato, i vescovi – e come vedremo i cardinali - possono pontificare al trono: in questo caso la messa in canto avviene sempre in forma pontificale ma con minore solennità e con alcuni tratti caratteristici.

Il vescovo residenziale fuori del proprio territorio, oppure in diocesi alla presenza del metropolita o quando cede il trono a un cardinale, così il vescovo titolare, coadiutore, ausiliare - e oggi credo sia da ritenere anche emerito – i cardinali nell’Urbe (per i dettagli vedi sotto), i protonotari apostolici delle prime due classi celebrano pontificalmente al faldistorio: l'antica sella curulis. In questo caso il vescovo o il cardinale non può usare il pastorale [51], è ministrato dal diacono e dal suddiacono della messa, e dal presbyter assistens in piviale. Il faldistorio trova la sua collocazione in plano al lato dell'epistola e talvolta è collocato su una predella. Il celebrante vi siede rivolto al popolo, mentre quando sta in piedi (per esempio quando deve cantare le orazioni), si rivolge all'altare.

Anche per il pontificale al faldistorio il vescovo indossa tutti i paramenti e le insegne previste per il pontificale al trono, li assume, però, al faldistorio stesso [52]. L’officiante non benedice chi lo incensa, chi gli somministra la lavanda delle mani e si astiene pure di benedire spostandosi e incedendo. L'unica insegna che in questo caso, di regola, non si adopera è il pastorale che – di norma - può portare solo il vescovo nel proprio territorio di giurisdizione, altrimenti per concessione dell'ordinario del luogo. Poiché, come detto, ormai al vescovo estraneo può essere concesso anche il trono, nella prassi si tende a mettere insieme l'uso (o il non uso) del pastorale con quello del trono stesso [53].

La parte iniziale della messa, con le preghiere ai piedi dell’altare, è sostanzialmente uguale a quella della messa pontificale al trono. Il vescovo compiuta l’incensazione, prima di essere incensato egli stesso, riceve la mitria preziosa per mano del cerimoniere non essendovi diaconi assistenti ed avendo il diacono le mani occupate dal turibolo che ha appena ricevuto. Ricevuta l’incensazione, il vescovo - premesso un inchino alla croce - si reca per breviorem al faldistorio. Seduto su di esso trova innanzi a sè il suddiacono, il diacono e il prete assistente. Premessa la riverenza il diacono toglie la mitria al vescovo. Alzatosi, il presule, si volge in direzione dell’altare (guardando verso il cornu epistolae); tra faldistorio e gradini dell’altare si collocano i chierici che ministrano al libro e alla bugia, il vescovo legge l’introito e alterna il Kyrie avendo ai suoi lati, in posizione leggermente arretrata diacono e suddiacono. Il presbyter assistens dà le opportune indicazioni stando presso il messale alla destra del vescovo stesso. Se la prolissità del canto del Kyrie lo richiede il vescovo può sedere, in tal caso riceve la mitria dal diacono e il gremiale da parte del suddiacono. I ministri, ossequiato il vescovo con un inchino profondo, si recano allo scanno che si suole usare per le messe solenni in cornu epistolae e seggono coprendosi il capo.

All’intonazione del Gloria – una volta che il vescovo ha deposto con l’ausilio dei sacri ministri la mitria e il gremiale – diacono e suddiacono si pongono unus post alium, come alle “colonne” che vengono regolarmente fatte dagli stessi alla messa solenne. Il prete assistente regge il libro innanzi al vescovo avendo accanto a sè il ministro del libro e quello della palmatoria, intonato l’inno angelico consegna il libro al chierico [54]. Terminata la lettura del Gloria i sacri ministri si portano innanzi al vescovo, salutatolo assieme con inchino profondo, il diacono toglie la mitria e il suddiacono il gremiale, i due si pongono nuovamente in colonna e il presbyter assistens va a sostenere il libro (vedi quanto si è detto a tal proposito alla nota 54, altrimenti si mette a destra del vescovo). Levatosi in piedi, il presule, saluta gli astanti col Pax vobis, voltatosi verso l’altare canta la colletta (o le collette) prescritta rischiarato dalla candela che arde sulla palmatoria. Una volta messosi a sedere e coperto dalla mitria aurifregiata per mezzo del diacono, ascolta l’epistola proclamata dal suddiacono che sta innanzi a lui; il sacerdote assistente e il diacono vanno a sedere.

Terminata l’epistola il suddiacono - premessa genuflessione all’altare - si porta innanzi al vescovo, bacia la sua mano ricevendo la benedizione, sostiene innanzi a lui il libro dal quale lo stesso leggerà l’epistola e ciò che segue nonché, segnatosi more solito, il vangelo [55]
Messa pontificale al faldistorio. Epistola.
Frattanto il diacono si reca a portare l’evangeliario sulla mensa dell’altare e si porta quindi alla destra del vescovo, ivi ministra l’infusione dell’incenso, torna all’altare e - recitato in ginocchio sul bordo della predella il Munda cor meum - va a chiedere la benedizione. Il vangelo viene proclamato come di consueto; il vescovo stando in piedi - una volta toltagli dal cerimoniere la mitria - ascolta il vangelo volgendosi in direzione del diacono. Compiuta la proclamazione del vangelo, il suddiacono porta a baciare l’inizio del testo al vescovo il quale è incensato dal diacono.

Per il Credo lo svolgimento è analogo a quanto descritto per il Gloria. Letto l’offertorio le chiroteche vengono levate dal diacono e dal suddiacono. Il proseguimento della messa è identico a quello del pontificale al trono ma all’offertorio non vi è la pregustazione e, all’incensazione, è il cerimoniere a mettere e togliere la mitria al vescovo.






Note:
[48] Le prescrizioni sono in CE I, xxix.
[49] L. GROMIER, Commentaire … cit., p. 231, sostiene che l’ufficio di cappellani alla messa prelatizia del vescovo non sia di pertinenza dei canonici, così come ritiene inutile l’uso della stola nel corso del suo l’esercizio: il cappellano che sta a destra, se in sacris, copre e scopre il calice e estrae la pisside dal tabernacolo; ora per recare le sacre specie al trono alla messa pontificale papale il suddiacono apostolico non indossa in ragione del suo ufficio la stola. Che la stola non sia necessaria si evince anche da I. BOURGET, Ceremonial des évêques…cit., p. 287, ivi è riferito il fatto che il cardinale diacono primo assistente durante la cerimonia del Corpus Domini officiata dal sommo pontefice espone il Santissimo pur essendo senza stola.

[50] Cfr. CE I, xxix, 11. Nulla impedisce - così L. GROMIER, Commentaire … cit., p. 236 - al vescovo che vorrà predicare di coprirsi il capo con la berretta; I. BOURGET, Cérémonial des évêques commenté…,cit., pp. 178 e s. riferisce la costumanza romana, attestata nelle solennità, di far indossare la mitria nell’incedere (quindi il celebrante assume e depone i paramenti in sacrestia), nel predicare, nel lavarsi le mani e nel benedire. Che tale costumanza – contraria alle prescrizioni del Caeremoniale episcoporum (I, xxix, 11) e alle opinioni degli autori – sia da riprovarsi ce lo riferisce: SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Decreto 20 giugno 1899 n. 4035, in Decreta Authentica…, cit., III, p. 366.
[51] Si fa eccezione per le cerimonie che lo richiedono espressamente, ad esempio il conferimento degli ordini, cfr. CE, I, xvii, 5. Il pastorale va sempre portato con la parte curvata volta in avanti: cfr SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Decreto 26 novembre 1919 n. 4535 in Decreta Authentica…, cit., VI, pp. 28 e ss. (in particolare al punto 3, p. 30). 
[52] L. GROMIER, Commentaire … cit., pp. 314-315, stigmatizza la tendenza a far somigliare il pontificale al faldistorio a quello al trono, ivi depreca l’uso di porre le mitrie sulla mensa come avviene nel secondo caso.
[53] Qualora dovesse usare il pastorale per qualche funzione del Pontificale Romanum che lo prescrive (p. e. il conferimento degli ordini), lo porterà anche per il resto della messa.
[54] L. GROMIER, Commentaire…, cit., p. 316, reputa che il presbyter assistens durante la messa pontificale al faldistorio non debba - per analogia con quanto fa ai vesperi pontificali al faldistorio - reggere il libro quando il vescovo canta e per tanto demanda tale compito sempre al chierico del libro.
[55] Come già ricordato alla nota 26 secondo l’edizione del messale del 1962 la lettura privata delle pericopi scritturali è omessa.

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