Messa Pontificale dei Cardinali nell'Urbe e Assistenza del Papa.
Ciascun cardinale prete nel suo titolo o diacono nella propria
diaconia possono erigere il trono [57], nelle altre chiese di
Roma non possono usare il trono, se non per espressa licenza dal sommo
pontefice, oppure qualora sia loro ceduto da un altro cardinale il trono della
di lui diocesi (mi riferisco alle citate sedi suburbicarie), titolo o diaconia.
I cardinali preti nel proprio titolo pontificano al modo dei vescovi nelle loro
cattedrali con l'esclusione del settimo candeliere e della benedizione con
l'indulgenza dopo l'omelia [58]; quando occorresse
l'assistenza pontificale, questa viene usualmente compiuta in cappa.
Il cardinale R. Merry del Val nel suo titolo (S. Prassede) |
Nella loro diaconia, i cardinali diaconi, invece, non possono
compiere alcun ufficio d'attribuzione presbiterale, quindi si limitano
all'assistenza in cappa e alla fine della messa impartiscono la benedizione [59]. Quando non hanno diritto
a erigere il trono, i cardinali nell'Urbe pontificano al faldistorio,
sostanzialmente come i vescovi fuori dai confini diocesani portando però il pastorale,
eccetto alle cappelle papali e cardinalizie e nelle basiliche patriarcali (a
meno che non sia previsto in una delle funzioni del Pontificale romanum).
Sarà non superfluo accennare che cosa si intenda per cappella papale e cappella cardinalizia, nelle quali occasioni il sacro collegio
espleta la sua funzione liturgica precipua. La locuzione cappella papale sta ad
indicare una solenne funzione, generalmente messa o vespri, che prevede la
celebrazione, o l'assistenza del sommo pontefice [60] nella cappella dei
palazzi apostolici, oppure nelle basiliche o chiese, con l'intervento del
collegio cardinalizio, dei vescovi, dei prelati e quanti a diverso titolo
abbiano a partecipare alla cappella stessa.
Cappella papale alla Sistina. (D. Mucci) |
Per cappelle cardinalizie, invece, si intendono le funzioni
pontificali celebrate fuori dalle cappelle palatine cui assista tutto il sacro
collegio o un gruppo di cardinali (p.e. i membri di una congregazione), senza
che sia necessario l'intervento di vescovi ed altri prelati. Con la medesima
denominazione si suole indicare anche la partecipazione dei membri del sacro
collegio ai vespri di alcune solennità nelle basiliche patriarcali nelle quali
vi è il trono e l'altare papale [61], dietro invito dei
cardinali arcipreti delle medesime. Per sottolineare lo stretto legame
esistente tra le basiliche patriarcali e la persona del sommo pontefice gioverà
ricordare che nelle stesse un cardinale, sia pure lo stesso arciprete della
basilica, in nessun caso adopera il pastorale (a meno che non sia espressamente
richiesto in particolari funzioni indicate dal Pontificale Romanum) e non può incedere benedicendo, né concedere
indulgenze.
Le cappelle papali, come detto, si possono compiere anche alla
presenza del sommo pontefice che assiste rivestito del manto, un piviale ampio
nelle forme e con lo strascico che può essere o di colore bianco o di colore
rosso, [62] fermato davanti al petto
dal formale. La messa è celebrata pontificalmente al faldistorio da un
cardinale o da un vescovo con le modalità sopra descritte (senza fare uso della
palmatoria) e con alcune peculiarità che derivano dalla assistenza attiva del domnus apostolicus. Questa forma di
assistenza è considerata dal Nabuco il modello e l’antesignana dell’assistenza
al trono in piviale del vescovo, di cui abbiamo scritto, della quale,
quest’ultima non sarebbe che un adattamento e un’innovazione del Caeremoniale tridentino [63].
Il papa è assistito al trono dal più anziano dei cardinali
dell’ordine dei preti che funge da presbyter
assistens e da due cardinali diaconi. Essi compiono i loro uffici rivestiti
della cappa e con lo zucchetto essendo le loro berrette cardinalizie custodite
dai rispettivi caudatari. L’assistenza come sacri ministri al cardinale o
vescovo officiante, è prestata da canonici delle basiliche patriarcali: il
canonico di S. Giovanni in Laterano funge da presbyter assistens, quello di S. Pietro funge da diacono e quello
di S. Maria Maggiore ministra come suddiacono [64] quando debbano sedersi
durante la messa (es. al Gloria) lo
fanno sul gradino dell’altare verso il lato dell’epistola.
Schema della cappella papale alla Sistina. |
Nell’attesa del papa il celebrante siede al faldistorio avendo
accanto a sé i sacri ministri in piedi. Il papa giunge parato del manto –
indossato nella sala dei paramenti – e cinto della falda, il suo capo è coperto
con la mitria. Giunto in presbiterio il papa benedice l’officiante, i suoi
ministri e i presenti; levata la mitria dal secondo cardinale diacono (il quale
la consegna al decano rotale deputato alla custodia della stessa [65]) si pone in ginocchio e
prega per qualche momento.
Il papa, una volta levatosi in piedi, principia la messa recitando le preghiere ai piedi dell’altare alternandole con il celebrante che risponde stando alla sinistra del sommo pontefice. Il celebrante prende il manipolo all’ Indulgentiam e prosegue le orazioni con i suoi sacri ministri, mentre il papa, raggiunto dai cardinali diaconi assistenti, le recita con questi ultimi. Terminate le preghiere ai piedi dell’altare il papa riceve la mitria dal primo cardinale diacono assistente e si porta al trono benedicendo nel tragitto.
Il papa, una volta levatosi in piedi, principia la messa recitando le preghiere ai piedi dell’altare alternandole con il celebrante che risponde stando alla sinistra del sommo pontefice. Il celebrante prende il manipolo all’ Indulgentiam e prosegue le orazioni con i suoi sacri ministri, mentre il papa, raggiunto dai cardinali diaconi assistenti, le recita con questi ultimi. Terminate le preghiere ai piedi dell’altare il papa riceve la mitria dal primo cardinale diacono assistente e si porta al trono benedicendo nel tragitto.
Appena il sommo pontefice si mette a sedere i cantori eseguono il Gloria Patri dell’introito [66], a questo punto inizia il
rito dell’“obbedienza”. I cardinali vescovi, seguiti dai cardinali preti e
quindi dai cardinali diaconi, muovendosi dal loro posto con le cappe sciolte,
si portano in mezzo all’altare ove fanno inchino profondo. Ripetono l’inchino
una volta giunti ai piedi del trono, baciano la mano destra al sommo pontefice
che la tiene celata sotto i lembi del manto, si congedano salutando nuovamente
il papa con un inchino e chinandosi anche ai cardinali diaconi assistenti,
quindi scendono per il lato destro dei gradini. Quando tocca prestare
obbedienza al cardinale primo prete (che officia come presbyter assistens del papa) questi, anziché tornare con gli altri
del suo ordine, si porta alla destra del papa e ministra per l’imposizione
dell’incenso.
Una volta infuso e benedetto l’incenso il turibolo viene rimesso al diacono che lo recherà al celebrante. Il rito dell’obbedienza prosegue, il primo cardinale prete si reca al suo stallo; all’altare il celebrante effettua l’incensazione more solito mentre i cantori eseguono il Kyrie.
San Giovanni XXIII riceve l'obbedienza (Basilica Laternanense). |
Una volta infuso e benedetto l’incenso il turibolo viene rimesso al diacono che lo recherà al celebrante. Il rito dell’obbedienza prosegue, il primo cardinale prete si reca al suo stallo; all’altare il celebrante effettua l’incensazione more solito mentre i cantori eseguono il Kyrie.
Finita l’obbedienza dei cardinali dell’ordine dei preti è la volta
dei cardinali dell’ordine diaconale preceduti dai due che fungono da diaconi
assistenti al papa, essi sono gli unici a non sciogliere la cappa per compiere
tale rito [67],
una volta compiuto ritornano immediatamente ad assistere il sommo pontefice ai
suoi lati. Compiuta anche da tutti i cardinali diaconi l’obbedienza, un
cerimoniere accompagna il cardinale prete assistente dal suo stallo ai piedi
del trono. Ivi riceve in ginocchio il turibolo e incensa il sommo pontefice con
tre tratti doppi; il papa riceve l’incensazione stando seduto con la mitria in
capo mentre i cardinali diaconi assistenti gli reggono le fimbrie del manto
onde consentirgli di avere agio nel tracciare il segno di croce per benedire il
cardinale prete assistente una volta ricevuta la turificazione.
Pio XI assiste alla cappella nell'anniversario dell'incoronazione (12/02/1930) |
Il venerabile Pio XII assiste alla cappella del giovedì santo. |
San Paolo VI assiste al trono (Basilica Vaticana) |
Il celebrante canta l’orazione – con le modalità proprie della messa pontificale al faldistorio - dal messale sostenuto da un accolito ceroferario [69]; il suddiacono – premessa la genuflessione all’altare e al papa – proclama l’epistola terminata la quale va a baciare il piede al sommo pontefice.
Come normalmente avviene alle messe pontificali al faldistorio il
suddiacono si porta presso il celebrante per sostenere il libro durante la
lettura privata dell’epistola, brani interlezionali e vangelo. Frattanto i
cantori danno principio al canto del graduale, mentre il papa legge gli stessi
brani dal libro sostenuto dall’assistente al soglio accompagnato da un altro
che regge la candela [70]. Il diacono, recato
l’evangelario sulla mensa, va a baciare il piede al papa che lo benedice; si
reca nuovamente all’altare per recitare il Munda
cor meum in ginocchio. Levatosi in piedi si porta ai piedi del trono per
chiedere la benedizione al papa avendo il suddiacono alla sua sinistra ed
essendo accompagnato dagli accoliti ceroferari e dal turiferario. Diacono e
suddiacono con ceroferari e turiferario si dispongono per il canto del vangelo
al termine del quale il suddiacono porta a baciare l’inizio del testo al papa.
Il papa riceve l’incensazione stando in piedi senza mitria dal cardinale prete
assistente.
A questo punto ha luogo il sermone, l’oratore è designato a
seconda della circostanza. L’oratore bacia il piede al papa e chiede ad esso la
benedizione, fa petizione quindi dell’indulgenza con la formula “Indulgentias
Pater Sancte”, il papa comunica il numero dei giorni concessi. L’oratore,
salito su un piccolo pulpito, recita in ginocchio l’Ave Maria prima di principiare la lettura del sermone [71].
Terminata l’omelie il diacono ai piedi del trono canta il Confiteor, genuflettendo nel pronunciare
le parole “tibi pater” e “te pater”. L’oratore proclama la formula
dell’indulgenza, il papa quindi – cantata la formula “Precibus et meritis” –
impartisce la benedizione.
Il Credo non presenta
nello svolgimento cerimoniale vistose differenziazioni rispetto a quanto detto
per il Gloria [72].
Il celebrante, lavatesi le mani, riceve la benedizione dal papa e sale
all’altare per compiere l’offertorio durante il quale il suddiacono – prima di
mettere qualche goccia d’acqua nel calice – stando in ginocchio leva l’ampolla
in direzione del sommo pontefice che la benedice. L’incenso è imposto e
benedetto dal papa ministrato dal cardinale prete assistente. Incensato
l’altare, il diacono – una volta turificato il celebrante – porta il turibolo
al trono ai piedi del quale il cardinale prete assistente incensa il papa seduto
e coperto con la mitria postagli dal cardinale diacono assistente. Il diacono
riceve nuovamente il turibolo e prosegue l’incensazione: turifica il cardinale
prete assistente, i due cardinali diaconi assistenti quindi il resto del
collegio cardinalizio. Il diacono avrà l’accortezza di trovarsi nel mezzo del
presbiterio per chinarsi alle parole “Gratias agamus” del dialogo introduttivo
del prefazio. Prosegue l’incensazione dei patriarchi, arcivescovi, vescovi
assistenti al soglio e degli altri che presenziano alla cappella.
Appena i cantori intonano il Sanctus,
l’incensazione è troncata e i cardinali si saranno portati al trono papale per
disporsi in circolo e recitare con il sommo pontefice il Sanctus. Compiuta la recitazione del Sanctus, il papa, col capo coperto
con la mitria, si reca con i suoi assistenti in mezzo al presbiterio. Ivi i
chierici della cappella hanno posto un faldistorio innanzi il quale il papa -
stando genuflesso e a capo scoperto – assiste alla consacrazione durante la
quale non si danno i segnali con il campanello [73].
Terminata l’elevazione, il papa – riprendendo lo zucchetto per
mano del cerimoniere e la mitria per mezzo del primo cardinale diacono
assistente – fa ritorno al trono. All’ Agnus
Dei i cardinali si dispongono nuovamente in circolo ai piedi del trono
papale e recitano anche questa parte della messa.
Terminato l’Agnus Dei i
cardinali genuflettono all’altare e – prendendo congedo dopo aver ricevuto la
benedizione del papa – tornano al loro posto. Il cardinale primo prete assistente,
con lo strascico della cappa sciolto, si reca all’altare per porsi in ginocchio
sul bordo della predella alla destra del celebrante che dice l’orazione “Domine
Jesu Christe qui dixisti”. Terminata l’orazione si leva, bacia la mensa
simultaneamente al celebrante e, da questi, riceve la pace. Il cardinale prete
assistente porta la pace al papa e si reca al suo stallo ove è raggiunto dal presbyter assistens e con esso scambia
l’abbraccio di pace. Frattanto i due cardinali diaconi assistenti – premessa
genuflessione all’altare – salgono al cospetto del sommo pontefice per ricevere
la pace. Il presbyter assistens porta
la pace al cardinale decano (o primo dei cardinali vescovi presenti), al
secondo dei cardinali preti, al primo dei cardinali diaconi, quindi ai primi
dei patriarchi, arcivescovi e vescovi assistenti al soglio. Dà la pace al
cerimoniere che lo ha accompagnato indicandogli l’ordine da seguire e fa
ritorno all’altare ove trasmette la pace ai sacri ministri. Il cerimoniere
offre l’osculum pacis ad altri (p.e.
il decano rotale e il primo maestro delle cerimonie) i quali fanno in modo di
trasmettere la pace a tutti i partecipanti della cappella.
La messa prosegue ordinariamente, dopo l’Ite missa est, il sommo pontefice – avendo innanzi l’uditore
rotale crocifero – impartisce la benedizione. Il celebrante principia l’ultimo
vangelo e si porta con i suoi ministri in sacrestia a levare i paramenti. Il
papa, sceso dal trono, benedice il sacro collegio, prega al faldistorio, quindi
sortisce con le stesse modalità con cui aveva fatto ingresso.
Note:
[56] Per la normativa sui
cardinali si vedano SACRA CONGREGAZIONE CEREMONIALE, Norme ceremoniali per gli
eminentissimi signori cardinali, Roma, Tipografia Poliglotta Vaticana, 1943.
[57] Detto trono differisce,
anche nell'ornamentazione, da quello delle cattedrali ed è descritto al n. 60
di CONGREGAZIONE CEREMONIALE, Norme ceremoniali…, cit., p. 16.
[58] Cfr: Idem, p. 17.
[59] I. NABUCO, Ius pontificalium…, cit. p. 244 e s.
[60] Può anche accadere che il
papa non intervenga, in tal caso l'officiante è usualmente un patriarca o un
arcivescovo o vescovo assistente al soglio o un cardinale dei primi due ordini.
[61] Si tratta, nell’Urbe, della
basilica Lateranense del Ss. Salvatore (S. Giovanni in Laterano), di S. Pietro
in Vaticano, Liberiana di S. Maria Maggiore e Ostiense ovvero S. Paolo fuori le
mura, la festa della cui rispettiva dedicazione si celebra nel Calendario
universale del rito romano. Il principio secondo cui nelle basiliche
patriarcali l'altar maggiore è riservato per diritto esclusivo al Sommo
Pontefice trovasi enunciato da PIO XI, Litt. Ap. Omnium Urbis et orbis, 22 oct.
1924, in «Acta Apostolicæ sedis», 16, 1924, p. 451: "continens enim est
traditio, quod supra Basilicarum Urbis, quae Patriarchales ac Papales
nuncupantur, Altare maius solus Pontifex Romanus sollemnia egerit, ...".
Due sono le basiliche patriarcali fuori dall’Urbe ovvero la chiesa assisiense
di S. Francesco e la chiesa di S. Maria degli Angeli della Porziuncola.
Entrambe sono dotate di cerimoniale proprio (Caeremoniale Benedicti XIV
Pontificis Maximi jussu editum pro Basilica Assisiensi Sancti Francisci in
patriarcalem et cappellam papalem erecta, Romae, Salomoni, 1754 e Caeremoniale
Patriarchalis Basilicae et Cappellae Papalis Sanctae Mariae Angelorum de
Portiuncula, a summo Pontifice Benedicto XV approbatum, Romae, Nazionale, 1926.
Sull’argomento v.: I. NABUCO, Ius Pontificalium, cit. pp. 234-235.
[62] I. NABUCO, Ius
pontificalium, cit. p. 5 e 188. Il papa non presta assistenza in cappa alla
messa ma “[…] semper est mitratus et pluviali indutus” : cfr.: D. MAGRI,
Hierolexicon sive sacrum dictionarium, Venetiis, Balleonium, 1712, p. 599.
L’uso della cappa da parte del papa in altre circostanze è venuto meno nel
corso dell’Ottocento segnatamente all’epoca del beato Pio IX. Fino a quel tempo
il sommo pontefice faceva uso di due cappe diverse di colore rosso una di
velluto e una di sargia di lana (usata per intervenire all’ufficio dei defunti
e per l’ufficiatura delle tenebre), cfr. F. X. BARBIER DE MONTAULT, Le costume
et les usages ecclésiastiques, Paris, Letzouzey et Ané, s.d. [1900], I, p. 361.
[63] I. NABUCO, La liturgie papale, cit. p. 296 e s..
[64] Cfr.: G. MORONI, Le Cappelle Pontificie Cardinalizie e Prelatizie, Venezia,
Emiliana, 1841, p. 30; I. BOURGET, Cérémonial
des Évêques, cit. p. 73; F. CANCELLIERI, Descrizione delle Cappelle Pontificie e Cardinalizie di tutto l’anno,
Roma, Salvioni, 1740, p. 113 e s..
[65] Gli uditori rotali sono prelati domestici
di sua santità fruenti dei privilegi dei protonotari apostolici de numero partecipantium, essi sono
suddiaconi apostolici. Ad essi spettano particolari uffici durante le funzioni
papali. Il primo porta la mitria o la tiara usuale, al secondo ed al terzo
spetta sostenere la falda, il quarto ministra come suddiacono, il quinto porta
il manutergio, il sesto porta il pallio, il settimo (il “juniore”) compie
l’ufficio di crocifero. Cfr. NABUCO, Ius
pontifcalium…cit. p. 28 e s..
[66] A. ADAMI DA BOLSENA, Osservazioni per ben regolare il coro dei cantori della cappella
pontificia, Roma, de’ Rossi, 1711, p. 7. L’opera riporta interessanti
informazioni sugli usi delle cappelle cardinalizie e pontificie.
[67] G. MORONI, Le cappelle…, cit. p. 165 e s.; SACRA CONGREGAZIONE CEREMONIALE, Norme ceremoniali…, cit. p. 9.
[68] Il messale che utilizza il papa è riposto
su un apposito leggio ubicato presso gli stalli ove siedono i due prelati
(arcivescovi o vescovi assitenti al soglio) che fungono da portainsegne, dentro
questo speciale leggio è celato altresì il lume dal quale si accende – al
momento dell’utilizzo – la candela ricurva. Questo leggio è chiamato
“credenzino” o “pulpitino”. Cfr. G. MORONI, Le
cappelle…, cit. p. 166 e anche F. CANCELLIERI, Descrizione delle cappelle…, cit. p. 120.
[69] Cfr. G. MORONI, Le cappelle…, cit. p. 166.
[70] Secondo il Messale del 1962, come è stato
ricordato, non vi è la lettura privata dell’epistola e del vangelo (cfr. nota
26).
[71] Per una descrizione particolareggiata: F.
CANCELLIERI, Descrizione delle cappelle…,
cit. p. 122.
[72] G. MORONI, Le cappelle…, cit., p. 172, testimonia l’uso dei sommi pontefici di
comunicare – durante l’epistola, dopo il vangelo o dopo il Credo – ad un arcivescovo o vescovo la sua nomina ad assistente al
soglio per mezzo del maestro delle cerimonie. Il neonominato, fatta
genuflessione all’altare e al papa, va a prendere posto immediatamente con i
suoi nuovi compagni.
[73] Cfr. A. KING, Liturgy of the Roman Rite … cit., p. 399; va ricordato che non si
usa l’organo alla messa del papa e al cospetto dello stesso quale conservazione
di un tratto di particolare arcaicità, in tal senso G. BONA, De divina psalmodia, Coloniae
Agrippinae, Demen, 1677, p. 601, e ancora G. MORONI, Le cappelle … cit.. p. 32.
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