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domenica 12 luglio 2020

Santi Zenone e Giustina martiri tergestini - 13/14 luglio -


Nei propria della diocesi di Trieste, alla data del 14 luglio era fissata – sino all’edizione del 1964, redatta ad mentem di “Rubricarum Instructum” [1] – la festa, di rito “duplex”, dei Santi Zenone e Giustina. Di questi due martiri poco si conosce e le notizie, invero piuttosto scarne, si apprendono da una  Passio probabilmente tardivamente redatta, secondo la quale i due meritarono la palma del martirio nel 286 in Trieste durante la persecuzione anticristiana ordinata da Diocleziano e Massimiano. Giustina sarebbe cresciuta in una famiglia Cristiana, Compiuti i quattordici anni la si voleva dare in matrimono, ma ella rifiutava, avendo votato la sua verginità al Signore. Un tanto venne all’orecchio del magistrato che la  fece arrestare e comparire al suo cospetto. In tale circostanza tentò di persuadere Giustina con le blandizie prospettandole un matrimonio con un uomo ricco ed anzi tentando invano di indurla ad offrire sacrifici alle false divinità. Innanzi alla tenace fermezza della giovane il magistrato decise di condannarla alla tortura dell’eculeo ed alla morte per decapitazione.

Nel mentre la ragazza era rinchiusa in carcere in attesa dell’esecuzione, un ufficiale di nome Zenone prese a dileggiarla, ed anzi, sfidandola per celia, le disse che, una volta giunta nel giardino del suo Sposo (con allusione al Paradiso), avrebbe dovuto fargli pervenire della frutta colà raccolta. Mentre Giustina veniva trascinata al luogo del supplizio volle consegnare della frutta avvolta in un panno di lino ad un fanciullo, chiedendogli di darla a Zenone e riferendogli che era quanto da lui richiesto.
Zenone accolse il dono, lo Spirito Santo scese sul militare che immediatamente ripudiò gli idoli pagani e fece confessione di Cristo.Ciò udito il magistrato intimò l’ordine di percuoterlo aspramente. Innanzi alla fermezza di Zenone, che avrebbe potuto costituire un esempio per gli astanti e suscitare emulazione, ordinò di mozzargli la lingua e decapitarlo.

Santi Zenone e Giustina
dal "Legendario" della badessa Eufrasia Bononomo (XVII sec.)

Fino a quando Trieste mantenne il rito aquileiense (fine XVI inizio XVII secolo) verosimilmente la festa di questi due Martiri si celebrava il giorno 13, nonostante in quel giorno fosse fissata la Dedicazione dell’alma Chiesa di Aquileia (è il giorno successivo ai patroni Santi Ermacora e Fortunato). A darne testimonianza è il Breviarium secundum consuetudinem Aquilegensem ac Tergestinam Ecclesiam, codice membranceo quattrocentesco serbato nell’Archivio Capitolare [2]. La parte finale del testo della Passio, nel datare il martirio, riporta che esso avvenne: “sub die III  Idus Julii” ossia il giorno 13 (f. 394 v).

Da quanto ho potuto comprendere, sino alle riforme di San Pio X, la festa dei Santi Zenone e Giustina continuò ad essere celebrata il giorno 13 luglio, tuttavia l’ultima lectio del secondo notturno dei propria diocesani annota la data del martirio il 14 luglio: “pridie Idus Julii” ciò lo si riscontra nei propria che ho avuto modo di consultare promulgati dai vescovi B. Legat, G. N. Glavina e A. M. Sterk [3]. Al di là della diversità del dato temporale differente dei due racconti, sommessamente – per i dati che ho a disposizione - mi sento di ipotizzare che, anche quando si ritenne che il martirio fosse avvenuto il 14, si preferì mantenere la data precedente sia per continuità che per un motivo prettamente calendaristico. Il 14 luglio si riscontra infatti la presenza nel Calendario universale della festa di San Bonaventura di rito “duplex” [4], stesso dei martiri Zenone e Giustina, tale sovrapposizione (“occorrenza”) avrebbe causato la “traslazione perpetua” (“reposizione”) della festa del Calendario universale. È quanto avvenne infatti per la festa di Sant’Anacleto (13 luglio nel Calendario universale) di rito però “semiduplex”, che a Trieste si celebrava traslata appena un mese dopo. In seguito alla riforma di San Pio X, la festa di San Bonaventura poteva essere semplicemente commemorata: difatti il Proprium del 1915 (vescovo A. Karlin) reca la festa dei Santi Zenone e Giustina il 14. La festa del Dottore della Chiesa San Bonaventura è qui commemorata,  coerentemente è riportata perciò la lectio della sua storia (mutuata dal suo Ufficio proprio) come IX lezione del Mattutino [5]. Si veniva così ad armonizzare il dies natalis tràdito dalla Passio di uso liturgico con il racconto stesso proclamato nella celebrazione liturgica. Come detto ciò è solo un’ipotesi, sicuramente sarà per me ulteriore sprone ad indagare sui propria diocesani triestini.

Come facevo cenno in apertura dal 1964 i Santi Zenone e Giustina non trovano posto nel Proprium di Trieste di mons. A. Santin (1964) anche se  la raffigurazione di essi nella serie di Santi che compare nel catino absidale della Cattedrale di San Giusto – opera di circa trent’anni precedente di Guido Cadorin [6] – mi fa pensare che il loro culto, sebbene affievolito, non si era del tutto ancora spento. Continuando a muovermi nel campo delle ipotesi sommessamente suggerirei che ciò sia riconducibile a quella generica diffidenza appalesatasi in quegli anni verso i Santi locali di cui ci da testimonianza mons. Vittorio Cian Canonico Scolastico (terza dignità) del Capitolo di San Giusto Martire in Trieste: «Mons. Santin mi confidò che ebbe a lottare non poco con P. Fruttaz alla Congregazione per il Culto per l’eccessiva severità critica adottata in quel momento verso le tradizioni dei santi locali, del resto smentita, come nell’esempio del rinvenimento della sepoltura dei santi aquileiesi Canzio, Canziano e Canzianilla, dati per inventati secondo certi critici. Secondo quei criteri ben poco si sarebbe conservato del calendario tradizionale della Chiesa Tergestina.» [7].
Con i testi liturgici diocesani propri editi secondo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II dal vescovo mons. L. Bellomi, ritroviamo nuovamente menzionati i due Martiri nella data del 7 giugno, giorno nel quale fu stabilita la “memoria” dei Santi Protomartiri della Chiesa Tergestina [8].

dall'Opera del Mainati
sui Santi Tergestini (XIX sec.)
La Passio dei due martiri tergestini – così come di altri di quest’area – secondo Paolo Chiesa, farebbe parte di una «tradizione molto più ristretta, essendo conservate in un numero ridottissimo di manoscritti, di ambito per lo più strettamente locale.» [9]. Antonio Niero, trattando dalle colonne della “Bibliotheca Sanctorum” le figure dei Santi Zenone e Giustina, fa notare che la codificazione del racconto della Passio è assai tardiva: la sua prima pubblicazione si deve a Nicolò Manzuoli sul principio del XVII secolo e deriverebbe dalla collazione di documenti non meglio databili della Chiesa locale. Il Niero ancora, richiamandosi al Lanzoni, opina trattarsi di due Santi omonimi di area veronese il cui culto sarebbe pervenuto in quest’area nord adriatica, tanto più che la Passio tradisce forti analogie e somiglianze con quella dei martiri Dorotea e Teofilo [10].

I resti dei due Martiri tergestini riposano sotto l’altare a sinistra della cappella del Santissimo nella Cattedrale di Trieste. Detto altare, dedicato all’Addolorata, fu consacrato dal vescovo mons. B. Legat nel 1859 (prima vi era un altare ligneo dedicato alla B.V. della Pietà e prima ancora ai Santi Ermacora e Fortunato). Con l’occasione fu effettuata una ricognizione delle reliquie [11]. Un’altra ricognizione avvenne nel 1986: assieme ai resti di Zenone e Giustina si rinvennero altre ossa riconducibili a cinque esseri umani che paiono, dai resoconti dell’indagine osteometrica allora effettuata, appartenere ad individui di età matura o adulta [12].

Francesco G. Tolloi
francesco.tolloi@gmail.com





Note:
[1] Cfr. Proprium officiorum pro Dioecesi Tergestina, Torino, Marietti, 1964.
[2] Dell’opera è stata realizzata nel 2011, su iniziativa della Diocesi, un’edizione facsimilare pregevole in copie numerate per le cure dell’editore bresciano Tarantola.
[3] Rispettivamente: Proprium officiorum pro unitis Dioecesibus Tergestina et Justinopolitana, Tergeste, Coen, 1860, p. XIII e pp. 322 e s.; Proprium officiorum pro unitis Dioecesibus Tergestina et Justinopolitana, Tergeste, Typis S. Pastori, 1884, p. XIX e pp. 243 e s.; Proprium officiorum in usum Ecclesiarum Dioeceson Tergestinae et Justinopolitanae, Ratisbonae, Romae et Neo Eboraci, Pustet, 1900, p. 9* e Pars aestiva, p. 36* e s.. Parimenti si riscontra nel: Proprium Missarum in usum Ecclesiarum Dioeceson Tergestinae et Justinopolitanae, Ratisbonae, Pustet, 1906, p. 16 (fu promulgato dal Vicario in spiritualibus F. X. Leitner qualche anno prima essendo vacante la cattedra episcopale triestina).
[4] Nella editio princeps del Missale Romanum del 1570 il rito della festa di San Bonaventura era “semiduplex”, allora egli era celebrato come Pontefice e Confessore. Nel 1588 egli fu elevato a Dottore della Chiesa, contestualmente gli si assegna il rito “duplex” per uniformarlo agli altri otto Dottori stabiliti da San Pio V.
[5] Cfr. Proprium Officiorum pro unitis Dioecesibus Tergestina et Justinopolitana, Ratisbonae et Romae, Pustet, 1915, Pars aestiva, pp. 20* e ss. (circa la  lectio IX, v. pp. 22* e s.)
[6] Cfr. G. BRUMAT DELLASORTE, Zenone e Giustina,in AA. VV. Santi e Martiri del Friuli Venezia Giulia (a dura di W. Arzaretti), Padova, Messaggero, 201, p. 83.
[7] Cfr. V. CIAN, Il culto liturgico dei santi della tradizione tergestina, in AA. VV. La Tradizione Martiriale Tergestina Storia, culto, arte (a cura di V. Cian e G. Cuscito), Trieste, Edizioni Vita Nuova, 1992, p. 246, nt. 16.
[8] Cfr. Diocesi di Trieste, Liturgia delle Ore, Città del Vaticano, Poliglotta Vaticana, p. 23, nella succinta nota che precede i testi si legge: «[… ] si ricordano oggi anche i santi coniugi (sic!) Zenone e Giustina, i quali avrebbero subito il martirio sotto Diocleziano e Massimiano nell’anno 286».
[9] Cfr. P. CHIESA, Le agiografie dei martiri triestini e aquileiesi nei manoscritti, in AA. VV. San Giusto e la tradizione martiriale tergestina (a cura di G. Cuscito), Trieste, Editreg, 2005, p. 62.
[10] Cfr A. NIERO, Zenone e Giustina, in Bibliotheca Sanctorum, Roma, Istituto Giovanni XXIII nella Pontificia Università Laterenense 1969, vol. XII, col. 1481. Secondo Réginald Grégoire «ricorre pure alla Passione di S. Agnese (sec. VI), di S. Stefano (dagli Atti degli Apostoli) e agli atti di Pietro.»; cfr. R. GRÉGOIRE, Le passioni degli antichi martiri di Trieste, in AA. VV. La Tradizione Martiriale Tergestina Storia, culto, arte (a cura di V. Cian e G. Cuscito), cit., p. 106.
[11] G. BUTTIGNONI, S. Giusto e gli altri martiri triestini, Trieste, Smolars, 1948, pp. 73 e s..
[12] C. CORRAIN, Reliquie di martiri cristiani conservate a Trieste, in AA. VV. La Tradizione Martiriale Tergestina Storia, culto, arte (a cura di V. Cian e G. Cuscito), cit., pp.  147 e ss..


Lezioni del secondo Notturno
[Lectio iv] Sæviénte in christiános persecutióne, Justína Virgo, Tergésti christiánis paréntibus orta, cum quatuórdecim esset annórum, a plúribus ob egrégiam formam in matrimónium postuláta, ómnium sprevi t núptias, ásserens se Christo, cui virginitátem consecráverat, desponsátam esse.Qua re ad prǽsidem deláta,, cum nec promíssis et blandítiis, nec minis et terróribus, ut Christo renúntias diis immoláret, addúci posset, jussu prǽsidis percússa in equúleo suspénditur, et úngulis férreis in péctore dilaniátur. Quos cruciátus cum illa, imploráto Dei auxílio, fórtiter sustinéret, et in torméntis Deo grátias ágeret, ad secúrim damnátur.

Durante una persecuzione acerrima contro i cristiani, la vergine Giustina, nata a trieste da genitori cristiani, giunta all’età di 14 anni, e richiesta da più parti in matrimonio, per la sua bellezza, rifiutò tutte le proposte, affermando di essere sposata a Cristo che l’aveva consacrata alla verginità. Giunta una tal cosa agli orecchi del magistrato, giacché non si poteva condurla a rinunciare a Cristo e immolare agli dei né con promesse e piaceri, né con minacce e spaventi, per ordine del magistrato bastonata, è sospesa al gancio e dilaniata al petto con uncini. Dal momento che ella, implorato l’aiuto di Dio, sopportò con forza quelle sofferenze, e continuava a rendere  grazie a Dio nei tormenti, fu condannata alla decapitazione.
[Lectio v] Intérea Zeno, prǽsidis familiáris Vírgini irrídens, jocóse póstulat, ut sibi ex paradíso Sponsi sui, cujus divítias tantópere extúlerat, poma mítteret. Cum ítaque ad locum supplícii pervenísset Justína, líneum sudárium pomis mirabíliter refértum púero tradit Zenóni deferéndum, subdens : Justína Virgo mittit tibi mala quæ de Paradíso Sponsi sui postulásti, et statim gládio cæsa evolávit ad Sponsum. Zeno autem, cum sudárium accepísset, repénte mutátus, idóla detestári, et Christum verum Deum palam et líbere profitéri non dubitávit.

Frattanto, Zenone, famiglio del magistrato, irridendo la Vergine, le chiede per scherzo che mandasse dal paradiso (giardino) del suo Sposo, le cui ricchezze ella aveva così elogiato, dei frutti. Una volta giunta Giustina al luogo del supplizio, un fanciullo porta a Zenone un drappo di lino mirabilmente riempito con frutti, soggiungendo: “la Vergine Giustina ti invia le mele del giardino del suo sposo che hai chiesto”, e subito, uccisa dalla spada trasvolò allo Sposo. Zenone, ricevuto il drappo, cambio immediatamente, e non esitò a ripudiare gli idoli e a confessare apertamente e liberamente il vero Dio.
[Lectio vi] Quod cum prǽsidi renuntiátum esset, Zenónem ad tribúnal addúci ímperat, sed cum ille nihilóminus in christiánæ fídei confessióne constans perseveráret, præses plumbátis per totum corpus, donec effláret ánimam, eum cædi jubet, et cum in eo torménto nomen et misericórdiam Dómini, Christi Martyr, extóllere non cessáret; véritus præses, ejus exémplo álii ad fidem converteréntur, linguam ei prǽcidi, caput inde amputári mandat. Itaque Justína, abscísso cápite, dúplicem virginitátis et martýrii corónam accépit; Zeno autem consímilis mortis génere pro Christo perémptus, próprio sánguine baptizári méruit prídie Idus Júlii, anno Christi círciter ducentésimo octogésimo sexto, prout Tergestínæ Ecclésiæ monuménta testántur.
Quando la cosa fu annunciata al magistrato, ordinò di portare in tribunale Zenone, ma visto che lui, nonostante ciò, perseverava strenuamente nella confessione della fede cristiana, il magistrato ordina di picchiarlo con mazze piombate per tutto il corpo fino alla morte, e poiché il martire di Cristo in quel supplizio non cessava di magnificare il nome e la misericordia di Cristo, il magistrato, temendo che per il suo esempio altri si convertissero, dà ordine di amputargli la lingua e tagliargli poi la testa. Giustina, pertanto, decapitata ha ottenuto la doppia corona della verginità e del martirio; Zenone, poi, morto per Cristo con simile morte, ha meritato di ricevere il battesimo nel proprio sangue, la vigilia delle idi di luglio (14) dell’anno di Cristo 286, come le memorie della Chiesa triestina attestano.
Da: Proprium Officiorum pro unitis Dioecesibus Tergestina et Justinopolitana, Pars Æstiva, Ratisbonae et Romae, Pustet, 1918, pp. 20 e ss. (vescovo A. Karlin)

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