Nei propria
della diocesi di Trieste, alla data del 14 luglio era fissata – sino
all’edizione del 1964, redatta ad mentem
di “Rubricarum Instructum” [1]
– la festa, di rito “duplex”, dei Santi Zenone e Giustina. Di questi due
martiri poco si conosce e le notizie, invero piuttosto scarne, si apprendono da
una Passio
probabilmente tardivamente redatta, secondo la quale i due meritarono la palma
del martirio nel 286 in Trieste durante la persecuzione anticristiana ordinata
da Diocleziano e Massimiano. Giustina sarebbe cresciuta in una famiglia Cristiana,
Compiuti i quattordici anni la si voleva dare in matrimono, ma ella rifiutava, avendo
votato la sua verginità al Signore. Un tanto venne all’orecchio del magistrato che
la fece arrestare e comparire al suo
cospetto. In tale circostanza tentò di persuadere Giustina con le blandizie prospettandole
un matrimonio con un uomo ricco ed anzi tentando invano di indurla ad offrire
sacrifici alle false divinità. Innanzi alla tenace fermezza della giovane il
magistrato decise di condannarla alla tortura dell’eculeo ed alla morte per
decapitazione.
Nel mentre la ragazza era rinchiusa in
carcere in attesa dell’esecuzione, un ufficiale di nome Zenone prese a
dileggiarla, ed anzi, sfidandola per celia, le disse che, una volta giunta nel
giardino del suo Sposo (con allusione al Paradiso), avrebbe dovuto fargli
pervenire della frutta colà raccolta. Mentre Giustina veniva trascinata al luogo
del supplizio volle consegnare della frutta avvolta in un panno di lino ad un fanciullo,
chiedendogli di darla a Zenone e riferendogli che era quanto da lui richiesto.
Zenone accolse il dono, lo Spirito Santo
scese sul militare che immediatamente ripudiò gli idoli pagani e fece
confessione di Cristo.Ciò udito il magistrato intimò l’ordine di percuoterlo aspramente.
Innanzi alla fermezza di Zenone, che avrebbe potuto costituire un esempio per gli
astanti e suscitare emulazione, ordinò di mozzargli la lingua e decapitarlo.
Santi Zenone e Giustina dal "Legendario" della badessa Eufrasia Bononomo (XVII sec.) |
Fino a quando Trieste mantenne il rito
aquileiense (fine XVI inizio XVII secolo) verosimilmente la festa di questi due
Martiri si celebrava il giorno 13, nonostante in quel giorno fosse fissata la
Dedicazione dell’alma Chiesa di Aquileia (è il giorno successivo ai patroni
Santi Ermacora e Fortunato). A darne testimonianza è il Breviarium secundum
consuetudinem Aquilegensem ac Tergestinam Ecclesiam, codice membranceo
quattrocentesco serbato nell’Archivio Capitolare [2].
La parte finale del testo della Passio, nel datare il martirio, riporta
che esso avvenne: “sub die III Idus
Julii” ossia il giorno 13 (f. 394 v).
Da quanto ho potuto comprendere, sino alle
riforme di San Pio X, la festa dei Santi Zenone e Giustina continuò ad essere
celebrata il giorno 13 luglio, tuttavia l’ultima lectio del secondo
notturno dei propria diocesani annota la data del martirio il 14 luglio:
“pridie Idus Julii” ciò lo si riscontra nei propria che ho avuto modo di
consultare promulgati dai vescovi B. Legat, G. N. Glavina e A. M. Sterk [3].
Al di là della diversità del dato temporale differente dei due racconti,
sommessamente – per i dati che ho a disposizione - mi sento di ipotizzare che,
anche quando si ritenne che il martirio fosse avvenuto il 14, si preferì
mantenere la data precedente sia per continuità che per un motivo prettamente
calendaristico. Il 14 luglio si riscontra infatti la presenza nel Calendario
universale della festa di San Bonaventura di rito “duplex” [4],
stesso dei martiri Zenone e Giustina, tale sovrapposizione (“occorrenza”)
avrebbe causato la “traslazione perpetua” (“reposizione”) della festa del Calendario
universale. È quanto avvenne infatti per la festa di Sant’Anacleto (13 luglio
nel Calendario universale) di rito però “semiduplex”, che a Trieste si
celebrava traslata appena un mese dopo. In seguito alla riforma di San Pio X, la
festa di San Bonaventura poteva essere semplicemente commemorata: difatti il Proprium
del 1915 (vescovo A. Karlin) reca la festa dei Santi Zenone e Giustina il 14. La
festa del Dottore della Chiesa San Bonaventura è qui commemorata, coerentemente è riportata perciò la lectio
della sua storia (mutuata dal suo Ufficio proprio) come IX lezione del
Mattutino [5].
Si veniva così ad armonizzare il dies natalis tràdito dalla Passio
di uso liturgico con il racconto stesso proclamato nella celebrazione liturgica.
Come detto ciò è solo un’ipotesi, sicuramente sarà per me ulteriore sprone ad
indagare sui propria diocesani triestini.
Come facevo cenno in apertura dal 1964 i
Santi Zenone e Giustina non trovano posto nel Proprium di Trieste di
mons. A. Santin (1964) anche se la
raffigurazione di essi nella serie di Santi che compare nel catino absidale
della Cattedrale di San Giusto – opera di circa trent’anni precedente di Guido
Cadorin [6]
– mi fa pensare che il loro culto, sebbene affievolito, non si era del tutto
ancora spento. Continuando a muovermi nel campo delle ipotesi sommessamente suggerirei
che ciò sia riconducibile a quella generica diffidenza appalesatasi in quegli
anni verso i Santi locali di cui ci da testimonianza mons. Vittorio Cian
Canonico Scolastico (terza dignità) del Capitolo di San Giusto Martire in
Trieste: «Mons. Santin mi confidò che ebbe
a lottare non poco con P. Fruttaz alla Congregazione per il Culto per
l’eccessiva severità critica adottata in quel momento verso le tradizioni dei
santi locali, del resto smentita, come nell’esempio del rinvenimento della
sepoltura dei santi aquileiesi Canzio, Canziano e Canzianilla, dati per
inventati secondo certi critici. Secondo quei criteri ben poco si sarebbe
conservato del calendario tradizionale della Chiesa Tergestina.» [7].
Con i testi liturgici diocesani propri editi
secondo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II dal vescovo mons. L.
Bellomi, ritroviamo nuovamente menzionati i due Martiri nella data del 7
giugno, giorno nel quale fu stabilita la “memoria” dei Santi Protomartiri della
Chiesa Tergestina [8].
dall'Opera del Mainati sui Santi Tergestini (XIX sec.) |
La Passio dei due martiri tergestini
– così come di altri di quest’area – secondo Paolo Chiesa, farebbe parte di una
«tradizione molto più ristretta, essendo
conservate in un numero ridottissimo di manoscritti, di ambito per lo più
strettamente locale.» [9]. Antonio Niero, trattando dalle
colonne della “Bibliotheca Sanctorum” le figure dei Santi Zenone e Giustina, fa
notare che la codificazione del racconto della Passio è assai tardiva:
la sua prima pubblicazione si deve a Nicolò Manzuoli sul principio del XVII
secolo e deriverebbe dalla collazione di documenti non meglio databili della
Chiesa locale. Il Niero ancora, richiamandosi al Lanzoni, opina trattarsi di
due Santi omonimi di area veronese il cui culto sarebbe pervenuto in quest’area
nord adriatica, tanto più che la Passio tradisce forti analogie e
somiglianze con quella dei martiri Dorotea e Teofilo [10].
I resti dei due Martiri tergestini riposano
sotto l’altare a sinistra della cappella del Santissimo nella Cattedrale di
Trieste. Detto altare, dedicato all’Addolorata, fu consacrato dal vescovo mons.
B. Legat nel 1859 (prima vi era un altare ligneo dedicato alla B.V. della Pietà
e prima ancora ai Santi Ermacora e Fortunato). Con l’occasione fu effettuata
una ricognizione delle reliquie [11].
Un’altra ricognizione avvenne nel 1986: assieme ai resti di Zenone e Giustina
si rinvennero altre ossa riconducibili a cinque esseri umani che paiono, dai
resoconti dell’indagine osteometrica allora effettuata, appartenere ad
individui di età matura o adulta [12].
Francesco G. Tolloi
francesco.tolloi@gmail.com
[2] Dell’opera è stata realizzata nel 2011, su
iniziativa della Diocesi, un’edizione facsimilare pregevole in copie numerate
per le cure dell’editore bresciano Tarantola.
[3] Rispettivamente: Proprium officiorum
pro unitis Dioecesibus Tergestina et Justinopolitana, Tergeste, Coen, 1860,
p. XIII e pp. 322 e s.; Proprium officiorum pro unitis Dioecesibus
Tergestina et Justinopolitana, Tergeste, Typis S. Pastori, 1884, p. XIX e
pp. 243 e s.; Proprium officiorum in usum Ecclesiarum Dioeceson Tergestinae et
Justinopolitanae, Ratisbonae, Romae et Neo Eboraci, Pustet, 1900, p. 9* e
Pars aestiva, p. 36* e s.. Parimenti si riscontra nel: Proprium Missarum in
usum Ecclesiarum Dioeceson Tergestinae et Justinopolitanae, Ratisbonae,
Pustet, 1906, p. 16 (fu promulgato dal Vicario in spiritualibus F. X.
Leitner qualche anno prima essendo vacante la cattedra episcopale triestina).
[4] Nella editio princeps del Missale
Romanum del 1570 il rito della festa di San Bonaventura era “semiduplex”,
allora egli era celebrato come Pontefice e Confessore. Nel 1588 egli fu elevato
a Dottore della Chiesa, contestualmente gli si assegna il rito “duplex” per
uniformarlo agli altri otto Dottori stabiliti da San Pio V.
[5] Cfr. Proprium Officiorum pro unitis
Dioecesibus Tergestina et Justinopolitana, Ratisbonae et Romae, Pustet,
1915, Pars aestiva, pp. 20* e ss. (circa la lectio IX, v. pp. 22* e s.)
[6] Cfr. G. BRUMAT DELLASORTE, Zenone e
Giustina,in AA. VV. Santi e Martiri del Friuli Venezia Giulia (a
dura di W. Arzaretti), Padova, Messaggero, 201, p. 83.
[7] Cfr. V. CIAN, Il culto liturgico dei
santi della tradizione tergestina, in AA. VV. La Tradizione Martiriale
Tergestina Storia, culto, arte (a cura di V. Cian e G. Cuscito), Trieste,
Edizioni Vita Nuova, 1992, p. 246, nt. 16.
[8] Cfr. Diocesi di Trieste,
Liturgia delle Ore, Città del Vaticano, Poliglotta Vaticana, p. 23, nella
succinta nota che precede i testi si legge: «[… ] si ricordano oggi anche i santi coniugi (sic!) Zenone
e Giustina, i quali avrebbero subito il martirio sotto Diocleziano e Massimiano
nell’anno 286».
[9] Cfr. P. CHIESA, Le agiografie dei
martiri triestini e aquileiesi nei manoscritti, in AA. VV. San Giusto e
la tradizione martiriale tergestina (a cura di G. Cuscito), Trieste,
Editreg, 2005, p. 62.
[10] Cfr A. NIERO, Zenone e Giustina,
in Bibliotheca Sanctorum, Roma, Istituto Giovanni XXIII nella Pontificia
Università Laterenense 1969, vol. XII, col. 1481. Secondo Réginald Grégoire «ricorre
pure alla Passione di S. Agnese (sec. VI), di S. Stefano (dagli Atti degli
Apostoli) e agli atti di Pietro.»; cfr. R. GRÉGOIRE, Le
passioni degli antichi martiri di Trieste, in AA. VV. La Tradizione
Martiriale Tergestina Storia, culto, arte (a cura di V. Cian e G. Cuscito), cit.,
p. 106.
[11] G. BUTTIGNONI, S. Giusto e gli altri
martiri triestini, Trieste, Smolars, 1948, pp. 73 e s..
[12] C. CORRAIN, Reliquie di martiri
cristiani conservate a Trieste, in AA. VV. La Tradizione
Martiriale Tergestina Storia, culto, arte (a cura di V. Cian e G. Cuscito), cit.,
pp. 147 e ss..
Lezioni
del secondo Notturno
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[Lectio
iv] Sæviénte in christiános persecutióne, Justína Virgo, Tergésti christiánis
paréntibus orta, cum quatuórdecim esset annórum, a plúribus ob egrégiam
formam in matrimónium postuláta, ómnium sprevi t núptias, ásserens se
Christo, cui virginitátem consecráverat, desponsátam esse.Qua re ad prǽsidem
deláta,, cum nec promíssis et blandítiis, nec minis et terróribus, ut Christo
renúntias diis immoláret, addúci posset, jussu prǽsidis percússa in equúleo
suspénditur, et úngulis férreis in péctore dilaniátur. Quos cruciátus cum
illa, imploráto Dei auxílio, fórtiter sustinéret, et in torméntis Deo grátias
ágeret, ad secúrim damnátur.
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Durante
una persecuzione acerrima contro i cristiani, la vergine Giustina, nata a
trieste da genitori cristiani, giunta all’età di 14 anni, e richiesta da più
parti in matrimonio, per la sua bellezza, rifiutò tutte le proposte,
affermando di essere sposata a Cristo che l’aveva consacrata alla verginità.
Giunta una tal cosa agli orecchi del magistrato, giacché non si poteva
condurla a rinunciare a Cristo e immolare agli dei né con promesse e piaceri,
né con minacce e spaventi, per ordine del magistrato bastonata, è sospesa al
gancio e dilaniata al petto con uncini. Dal momento che ella, implorato
l’aiuto di Dio, sopportò con forza quelle sofferenze, e continuava a rendere grazie a Dio nei tormenti, fu condannata alla decapitazione.
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[Lectio
v] Intérea Zeno, prǽsidis familiáris Vírgini irrídens, jocóse póstulat, ut
sibi ex paradíso Sponsi sui, cujus divítias tantópere extúlerat, poma
mítteret. Cum ítaque ad locum supplícii pervenísset Justína, líneum sudárium
pomis mirabíliter refértum púero tradit Zenóni deferéndum, subdens : Justína
Virgo mittit tibi mala quæ de Paradíso Sponsi sui postulásti, et statim
gládio cæsa evolávit ad Sponsum. Zeno autem, cum sudárium accepísset, repénte
mutátus, idóla detestári, et Christum verum Deum palam et líbere profitéri
non dubitávit.
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Frattanto,
Zenone, famiglio del magistrato, irridendo la Vergine, le chiede per scherzo
che mandasse dal paradiso (giardino) del suo Sposo, le cui ricchezze ella
aveva così elogiato, dei frutti. Una volta giunta Giustina al luogo del
supplizio, un fanciullo porta a Zenone un drappo di lino mirabilmente
riempito con frutti, soggiungendo: “la Vergine Giustina ti invia le mele del
giardino del suo sposo che hai chiesto”, e subito, uccisa dalla spada trasvolò
allo Sposo. Zenone, ricevuto il drappo, cambio immediatamente, e non esitò a ripudiare
gli idoli e a confessare apertamente e liberamente il vero Dio.
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[Lectio
vi] Quod cum prǽsidi renuntiátum esset, Zenónem ad tribúnal addúci ímperat,
sed cum ille nihilóminus in christiánæ fídei confessióne constans
perseveráret, præses plumbátis per totum corpus, donec effláret ánimam, eum
cædi jubet, et cum in eo torménto nomen et misericórdiam Dómini, Christi
Martyr, extóllere non cessáret; véritus præses, ejus exémplo álii ad fidem
converteréntur, linguam ei prǽcidi, caput inde amputári mandat. Itaque
Justína, abscísso cápite, dúplicem virginitátis et martýrii corónam accépit;
Zeno autem consímilis mortis génere pro Christo perémptus, próprio sánguine
baptizári méruit prídie Idus Júlii, anno Christi círciter ducentésimo
octogésimo sexto, prout Tergestínæ Ecclésiæ monuménta testántur.
|
Quando
la cosa fu annunciata al magistrato, ordinò di portare in tribunale Zenone,
ma visto che lui, nonostante ciò, perseverava strenuamente nella confessione
della fede cristiana, il magistrato ordina di picchiarlo con mazze piombate
per tutto il corpo fino alla morte, e poiché il martire di Cristo in quel
supplizio non cessava di magnificare il nome e la misericordia di Cristo, il
magistrato, temendo che per il suo esempio altri si convertissero, dà ordine
di amputargli la lingua e tagliargli poi la testa. Giustina, pertanto,
decapitata ha ottenuto la doppia corona della verginità e del martirio;
Zenone, poi, morto per Cristo con simile morte, ha meritato di ricevere il
battesimo nel proprio sangue, la vigilia delle idi di luglio (14) dell’anno
di Cristo 286, come le memorie della Chiesa triestina attestano.
|
Da: Proprium
Officiorum pro unitis Dioecesibus Tergestina et Justinopolitana, Pars Æstiva,
Ratisbonae et Romae, Pustet, 1918, pp. 20 e ss. (vescovo A. Karlin)
|
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