giovedì 27 febbraio 2020

Salus animarum suprema lex?


Pur non avendo doti di chiaroveggenza e neppure capacità investigative singolari, posso dire che me l’aspettavo: era fin troppo facile, ma diciamolo pure banale e scontato, dove si stava andando a parare.

Mi riferisco ai provvedimenti presi dalle diocesi in seguito alle restrizioni previste dall’autorità pubblica per prevenire la diffusione del Covid-19. Bisogna dire che certe diocesi sono state previdenti tanto da riuscire ad anticipare i provvedimenti civili: evitare il “segno di pace” (Deo gratias!) ed universalizzare la detestabile pratica della comunione sulla mano. Infastiditi dall’aggettivo un po’ forte? Andatevi un po’ a vedere – solo a titolo esemplare e non esaustivo - cosa accadde nella mia città (Trieste) nella Pasqua del 2019, poi ne riparliamo.

Volevano rendere obbligatoria una pratica facoltativa? Posso, pur biasimandola, comprendere la forzatura: guardando il livello di alcuni uffici liturgici delle diocesi si capisce molto e qui mi fermo per non uscire dai binari del tema del giorno. Ciò che registro come irricevibile ed anzi offensivo di intelligenze pur ridotte al lumicino, è la motivazione adotta. Riduzione del rischio contagio? Dunque un fedele giunge in chiesa (a piedi, in automobile, in bus), siede e poggia le mani sul banco, maneggia i soldi (tranquilli! La raccolta è ben lungi dall’esser sospesa) e poi riceve la comunione sulla mano per portarla, infine, in bocca. Questa volta certe mitrie tanto chine allo stellone hanno fatto finta di non leggere le disposizioni delle autorità preposte laddove l’attenzione delle mani, specie se portate a contatto con le mucose (es. bocca), si fa particolarmente meticolosa. La foga ideologica provoca la cecità o nella migliore delle ipotesi la disattenzione.  Davano per scontato che il comunicando astergesse le mani previamente con l’amuchina ormai preziosa come il nardo? Non continuiamo questa maldestra presa per i fondelli! Qualcuno pensa di essere ancora nell’Italietta del secondo dopoguerra o sul cast di un film di don Camillo e di rivolgersi al contadinotto che vota DC perché così vuole il parroco: clericalismo duro a schiattare anche a fronte della sacralità annientata.

Ma ecco giungere i provvedimenti preventivi dell’Autorità su iniziativa di alcune Regioni colpite, o viciniori alle prime, a firma del Governo. Alle diocesi il compito, in un certo senso, di rendere “attuativi” certi dettami imposti per prevenire il contagio. Ebbene al di là di variamente modulati inviti alla preghiera, ora accorati, ora timidi talora sfumati, quello che è passato è una sospensione delle celebrazioni sic et simpliciter. Ora è fin troppo evidente, anche ad intelligenze di infimo calibro, che la ratio della norma era quella di scongiurare concentrazioni di persone in spazi ristretti e chiusi. Come è stata “tradotta” o è passata la cosa? Basta scorrere i titoli dei giornali per capire che la mia non è di certo un’esagerazione. Colpa dei giornalisti? Troppo facile, e ancora una volta banale ricorrere al tipicamente italico rimpallo/scarico di responsabilità. Le note emanate delle curie avrebbero potuto essere redatte in altro modo facendo capire che, in ottemperanza alle norme emanate, si sospendeva pro tempore l’accesso dei fedeli alle celebrazioni liturgiche. Invece no. Per cortesia evitiamo di nasconderci dietro al debole sofisma secondo il quale non vi è scritto che sono vietate celebrazioni “private”, non nascondiamoci dietro un dito e non cerchiamo, soprattutto, di turlupinare gli interlocutori.

Va detto, a onor del vero, che alcuni presuli hanno evidenziato (con variegata “enfasi”) la possibilità pei preti di offrire comunque il Sacrificio januis clausis ma, permettetemi, non è la stessa cosa: dire che la vita liturgica prosegue al netto dell’impossibilità dei fedeli di prendervi parte avrebbe avuto un altro significato. Ma ecco che proprio qui “casca l’asino”: è lecito porsi il dubbio che qualcuno ritenga imprescindibile la “dimensione assembleare” (certe volte questa “assemblea” ha la consistenza numerica di un’assise condominiale, ma non voglio andare off topic).
Certo è un’ipotesi, forse un giudizio temerario, qualcuno diceva che “a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca”, vabbé: vorrà dire che accuserò anche questo al povero prete che dovrà udire la confessione dei miei innumerevoli ed abominevoli peccati, in tal caso spero di non trovarmi a Padova o che non vi sia una “padovanizzazione”. Perché cito la città che si gloria di ospitare il corpo di sant’Antonio? Ebbene sono stati affissi sui portoni di chiese dei manifestini laddove si staglia una bella scritta in carattere grassettato “Non è possibile confessarsi”, poco più sopra si legge che “Sono sospese le celebrazioni i sacramenti, sacramentali”. Fotografie della locandina sono girate, in quest’epoca di comunicazione globale, tramite i social nella serata del 27 febbraio (mercoledì delle ceneri). È da ritenersi che si tratta di un’iniziativa in un certo senso privata, ma parimenti vien da pensare che se ci fosse stata chiarezza con ogni probabilità non avrebbe avuto motivo di essere posta in essere.
Insomma poca chiarezza ha dato motivo di far trovare le persone innanzi a un ben desolante spettacolo: un “caporettismo” o un “ottosettembrismo” in salsa clericale più che mai indigesto. Per certi dunque un’inaspettata vacanza per ritemprarsi da fatiche pastorali indicibili consumatesi sui tavolini di qualche bar à la page rigorosamente camuffati in griffati abiti civili, nel mentre si distinguono dalla massa dei presenti solo per affettata disinvoltura e malacreanza. Non tutti, certo! Ci mancherebbe! Ma esistono anche questi esempi come, grazie a Dio ne esistono di ottimi ed edificanti, per carità.

La storia ci ha consegnato tanti esempi nobili e l’attualità continuerà a farlo, certo la posterità potrà ben classificare e confrontare le differenti risposte date.
Ovviamente l’odierna scienza medica, forte dei suoi progressi ed acquisizioni, controindicherebbe l’organizzazione di imponenti incontri di preghiera con masse di persone a ravvicinato contatto, ma tra questo e sospendere tout court tutto ce ne passa. Una sospensione che, tra l’altro, contribuisce a nutrire il clima di apprensione intorno il diffondersi del “corona virus”. Dunque non sarebbe stato meglio, a monte, essere più chiari e diretti? Non si poteva? E ancora non è lecito chiedere questo? Non sarebbe stato più rassicurante sapere che la preghiera ufficiale della Chiesa e l’offerta del santo Sacrificio continua come sempre e, perché no, più di sempre?

Possa il Signore presto liberarci da questa afflizione e anche da questi indegni spettacoli, sia tutto ciò ventilabro che separa i veri pastori dai mestieranti che ammantati di saccente e presuntuoso buonismo ci vengono a dire “pregate a casa”. E a proposito di mestieranti tra poco sarà stagione di dichiarazione dei redditi: ricordiamoci di tutto questo prima di apporre con leggerezza una firma.
Il Signore ha donato alla sua mistica sposa la Chiesa delle ali robuste e possenti per volare alto, altissimo sino a Lui, la smettano perciò certi uomini di Chiesa di starnazzare in basso come animali da cortile, umiliandola e oscurando o sfregiando la sua immagine.
In questa santa Quaresima preghiamo per la salute dei nostri corpi, per i nostri fratelli e perché il Signore ci doni pastori autentici secondo il suo cuore.

Domine miserere!
Salus infirmorum ora pro nobis!

Francesco G. Tolloi
francesco.tolloi@gmail.com


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