giovedì 9 giugno 2016

La messa in rito domenicano a Trieste, cronaca ed immagini del 24 maggio 2016.


Gli ottocento anni dalla promulgazione – da parte di papa Onorio III – della Bolla Gratiarum omnium largitori, con la quale veniva confermata e ratificata l’approvazione dell’Ordine domenicano, costituiscono un significativo momento per  i religiosi dell’Ordine chiamati a vivere un “giubileo nel giubileo”. Per una fortunata coincidenza di date infatti, il Giubileo dei domenicani si inserisce nel “Giubileo della Misericordia” indetto dal Santo Padre. Il tema proposto come filo conduttore del Giubileo dell’Ordine è “Mandati a predicare il Vangelo”, la predicazione dunque come carisma fondante della spiritualità dei domenicani, una predicazione quale azione fondamentale di una vita basata sull’apostolato e una predicazione che è meditazione e comunicazione, tanto da divenire motto dell’Ordine: “contemplata aliis tradere”.

Tale vita essenzialmente “apostolica” ebbe a riverberare inevitabilmente anche sul modus celebrandi dei religiosi domenicani , sicché le antiche Costituzioni, riferendosi alle forme liturgiche impongono siano breviter et succinte. Il rito domenicano  ebbe a codificarsi attorno al XIII secolo, segnatamente essendo Maestro generale dell’Ordine Umberto da Romans e oggi conosce un revival soprattutto grazie all’istruzione Universae Ecclesiae che chiarisce la vigenza dei riti propri degli ordini che sussistevano nel 1962.

In questo anno “doppiamente giubilare” varie sono state le celebrazioni con questo venerabile rito: limitandomi qui ai soli esempi italiani – senza la pretesa di esaurirli – ricorderò la celebrazione all’ “Arca” di san Domenico nella basilica patriarcale di Bologna, la santa Messa alla parrocchia romana di Trinità dei Pellegrini, la celebrazione – di qualche giorno precedente alla nostra – di Napoli.
A Trieste - nella parrocchia della B.V. del Soccorso (vulgo S. Antonio vecchio) non abbiamo voluto mancare all’appuntamento promuovendo, per martedì 24 maggio, una santa Messa cantata in rito domenicano nella festa della Traslatio di san Domenico. Detta festa, propria e particolare dell’Ordine dei Predicatori, ricorda la traslazione del corpo di san Domenico nella celebre “Arca” della basilica di Bologna, autentico capolavoro dell’arte italiana e frutto dell’opera di vari artisti che intervennero a partire dal XIII secolo: da Nicola Pisano, Arnolfo di Cambio, Michelangelo, Alfonso Lombardi, sino a giungere alla metà del XVIII secolo quando, Boudard realizzò il bassorilievo sito sotto l’altare. Tanto zelo artistico profuso chiarisce con nitore l’immensa devozione che circondava san Domenico canonizzato da papa Gregorio IX nel 1234. Fu proprio in occasione di tale evento che le spoglie del santo furono traslate nell’ “Arca” appositamente costruita. San Domenico fu sepolto inizialmente nella chiesa di S. Nicolò delle Vigne, in un luogo di passaggio e questo in ottemperanza alla sua volontà di essere “sepolto sotto i piedi” dei suoi frati. La chiesa di S. Nicolò fu abbattuta per lasciare il posto alla basilica di S. Domenico che, indubbiamente, risulta essere uno dei monumenti più conosciuti e visitati di Bologna. In occasione della sua Traslazione, il corpo di san Domenico emanò profumo intenso di rose, una fragranza che fu percepita per vari giorni dopo l’evento nei dintorni, testimoniando, anche attraverso questo particolare fenomeno, la santità di Domenico di Guznám.

La celebrazione triestina è stata resa possibile grazie a un’autentica sinergia posta in essere tra la parrocchia, vari amici che frequentano le occasionali celebrazioni in “forma straordinaria” che in essa vengono celebrate, i ministranti, alcuni amici del Collegium Divi Marci, l’organista della parrocchia Riccardo Cossi che dirige il Coro Virile “Alabarda” che spesso anima le nostre celebrazioni  “straordinarie” con grande attenzione liturgica e perizia musicale, tutti sotto l’attenta supervisione del giovane religioso domenicano p. Didier Baccianti del convento di Torino.

L'altare preparato per la celebrazione
I cantori del coro polifonico "Alabarda"

Una imponente e maestosa improvvisazione organistica incentrata sul tema dell’Officium (ossia Introito) del giorno da Riccardo Cossi all’organo Mascioni della chiesa ha accompagnato la processione che ha visto recarsi in presbiterio padre Didier, vestito con la preziosa pianeta del parato “storico” della parrocchia e col capo coperto dal cappuccio dell’abito ricoperto dall’amitto secondo il costume dei religiosi, egli era preceduto da numerosi ministranti che indossavano il camice che, secondo il rito domenicano, si usa per servire all’altare. Durante il canto dell’Officium (In medio Ecclesiae) – eseguito secondo i libri di canto gregoriano delle edizioni domenicane – il celebrante ha alternato le brevi preghiere ai piedi dell’altare con i ministranti che lo assistevano e i due ceroferari che reggevano i candelieri accesi ai lati. Salito all’altare non ha incensato l’altare come nel rito romano ma ha letto immediatamente l’Officium, anche questa caratteristica omissione dell’incensazione in questo momento della celebrazione testimonia l’arcaicità della struttura della liturgia domenicana. Mentre il celebrante recitava con i suoi assistenti il Kyrie, il coro lo intonava con le note della messa “Æterna Christi Munera” del Palestrina.

Verso l'altare

Preghiere ai piedi dell'altare
Introito e Kyrie
Durante il Gloria
Dominus vobiscum
Dopo il Gloria e l’Orazione di Colletta (da notare che nel rito domenicano il celebrante per salutare i fedeli con il Dominus vobiscum si volge, più sobriamente, stando presso il messale e senza baciare prima la mensa come avviene nel romano), un ministrante ha proclamato l’Epistola (2 Tim, 4, 1-18); il celebrante dopo aver letto i brani interlezionali (Responsorium – che corrisponde al Graduale romano - Alleluja e Sequenza) nel frattempo eseguiti dai cantori in gregoriano, ha tolto il velo dal calice preparato all’altare e vi ha infuso il vino e l’acqua che prima ha benedetto dicendo semplicemente: In nomine Patris, et Filii et Spiritus Sancti. Dopo aver ricoperto nuovamente il calice e infuso l’incenso, una volta spostato il messale, il celebrante si è preparato alla proclamazione in canto del santo Vangelo (Matt. 4, 13-19). Caratteristico il gesto all'inizio e alla fine della pericope evangelica di farsi il segno di croce. È in questo momento in cui  ha preso la parola don Paolo Rakic – amministratore della parrocchia – che ha rivolto, a nome della comunità, un caloroso saluto e benvenuto a padre Didier Baccianti il quale ha poi tenuto l’omelia che sotto riporto.
Epistola
Vangelo
Il celebrante riceve l'incensazione dopo il Vangelo
Il saluto di don Paolo Rakic
Dopo aver intonato il Credo, il celebrante lo ha letto dal messale, anche questa è particolarità del rito (analogamente al Gloria), mentre veniva eseguito in polifonia dai cantori del coro “Alabarda”. Durante la lettura del Credo il celebrante – con i suoi assistenti – si porta in mezzo all’altare per recitare l’ Et incarnatus. Ha avuto seguito l’offertorio recitato a bassa voce mentre l’organista Riccardo Cossi ha svolto un’articolata improvvisazione. L’offertorio domenicano si distingue per la sobria brevità ed essenzialità: l’ostia posta sulla patena viene presentata sovrapposta al calice, l’incensazione delle oblate prevede di tracciare solamente la forma di croce con il turibolo, l’altare viene incensato allo stesso modo del rito romano. Il celebrante – una volta lavatosi le mani e recitato l’Orate fratres (con una formula diversa da quella romana che non prevede risposta), recita la segreta e canta il Prefazio cui il coro acclama con il Sanctus
Lavanda delle mani
Prefazio
Te igitur
Durante il Canon Missae
Proprio all’inizio del Sanctus viene portato un piccolo candeliere con un cero acceso all’altare, presso il corporale, per indicare che su quell’altare si sta svolgendo la parte più importante della celebrazione durante la quale Cristo si fa realmente presente nelle specie eucaristiche. Durante il canone i ministranti reggevano i ceri e l’organo spandeva le sue delicate e raccolte armonie. Padre Didier consacrando – secondo le prescrizioni del suo rito – si è chinato solo leggermente; all’Unde et memores si nota uno dei gesti più caratteristici (che si ritrova anche in altri riti latini come l’ambrosiano e il certosino) ossia il celebrante per qualche istante allarga e stende le braccia imitando la postura di Cristo sulla croce.
Consacrazione dell'ostia
Elevazione dell'Ostia
Unde et memores
Un altro gesto altrettanto caratteristico che si compie al Canone della messa è il Supplices te rogamus. In questo momento il sacerdote domenicano si china incrociando le braccia al petto, diversamente dall’uso romano che vuole il celebrante chinato con le mani giunte. Poco dopo l’Agnus Dei il celebrante bacia il labbro del calice e quindi bacia l’instrumentum pacis. Questo è stato portato all’amministratore parrocchiale don Paolo Rakic e ai ministranti ed offerto al loro bacio, infine è stato mostrato ai fedeli presenti nella navata. Un gesto decisamente eloquente che indica la pace che proviene da Cristo e dal sacramento dell’altare, non una semplice pace intesa come immanente categoria umana. Il celebrante si comunica con l’ostia tenuta nella mano sinistra, ossia la mano del cuore. Il resto del rito della messa differisce per pochi dettagli da quello romano.
La pace
Ecce Agnus Dei
Comunione dei ministranti
Al termine della santa Messa il celebrante ha incensato la reliquia di san Domenico e il coro ha cantato l’inno gregoriano – sempre dal repertorio domenicano – Gaude Mater Ecclesia in onore del Santo eseguito in forma alternatim con l’organo. Dopo aver benedetto i fedeli con la reliquia e averla offerta alla loro venerazione, padre Didier ha benedetto le corone del santo Rosario portate da numerosi fedeli: detta benedizione era tradizionalmente prerogativa dei sacerdoti dell’Ordine che ebbe il merito di diffondere questa importantissima devozione mariana in seno alla Cristianità.


Incensazione della reliquia di san Domenico
La reliquia viene portata ai fedeli
Benedizione delle corone del rosario
Benedizione dei ministranti in sacrestia al termine della messa
Alla fine nei locali della parrocchia è stato imbandito un rinfresco dove i coristi, i ministranti e i fedeli hanno potuto rivolgere numerose domande a padre Didier Baccianti sul suo Ordine e sul suo rito così caratteristico e formulargli il loro caloroso “arrivederci”.
Un brindisi di augurio...
Se è vero l’assunto del Vico che concepiva la storia ciclicamente, un susseguirsi di corsi e ricorsi, è del pari vero ed innegabile che essa non manchi di colpi di scena: per circostante storiche particolari a Trieste non ci furono conventi domenicani (differentemente dalla vicina arcidiocesi di Gorizia), chissà che un domani essi non possano insediarsi e portare la loro densa e profonda spiritualità anche nella mia città. Questo è semplicemente un bel desiderio, ma…Dominum deprecemur!
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Omelia di P. Didier Baccianti O.P.

“La vostra luce risplenda dinnanzi agli uomini, in modo che essi vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli”.
Queste parole che Gesù ha rivolto ai discepoli, sono parole che il Santo Padre Domenico, ha fatto proprie e da cui ha preso spunto per fondare l’Ordine dei Predicatori.
Questo grande Santo ci rammenta che nel cuore della Chiesa, nel cuore di ciascun battezzato, deve sempre bruciare e ardere un fuoco missionario, il quale spinge incessantemente a portare l’annuncio salvifico del Vangelo, ad essere Luce della Chiesa, la sola che può salvare.
È Cristo nella Santa Chiesa, infatti, il bene più prezioso che gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni luogo hanno il diritto di conoscere e di amare!
Volesse Iddio che anche oggi nella Chiesa ci fossero tanti pastori e fedeli laici, che con gioia spendono la loro vita per questo ideale supremo: annunciare e testimoniare il Vangelo, la Verità di Cristo!
San Domenico fondando l’Ordine dei Predicatori volle che i suoi frati fossero preparati all’annuncio del Cristo, perciò lo fondò su quattro grandi pilastri che sorreggono la predicazione:
1) La liturgia, la preghiera ==> per poter stare e assaporare Dio.
2) Lo studio ==> per poter approfondire la conoscenza di Dio.
3) La vita comune ==> per vivere insieme l’esperienza di Dio.
4) La vita regolare ==> per vivere ogni momento con Dio.

San Domenico aveva il grande desiderio che ogni fedele sapesse in che cosa credere, potesse conoscere la propria fede, potesse essere sempre più radicato nella fede autentica trasmessa dagli Apostoli e dalla Santa Chiesa, per poter contrastare con forza e decisione le sfide, le tentazioni e le eresie di ogni tempo.
Come ci diceva l’Epistola: “Poiché verrà tempo in cui gli uomini non sopporteranno più la sana dottrina, distoglieranno l’orecchio dalla Verità per volgerlo alla favole”.
Gesù Cristo chiede questo anche a ciascuno di noi, ci chiede di pregare, approfondire, studiare e vivere la nostra fede in Dio e nella Santa Chiesa senza timore.
Ecco allora l’importanza che l’Ordine di Predicatori ha, di portare avanti la dimensione culturale della fede, affinché la bellezza della verità cristiana possa essere meglio compresa e la fede possa essere meglio nutrita, rafforzata e difesa.
Perché questo annuncio della Parola di Dio, perché questa “perla preziosa” non rimanga nascosta ma brilli nel mondo, San Domenico ci indica due mezzi indispensabili:
1) La devozione mariana che lasciò all’Ordine, che successivamente ebbe il grande merito di diffondere la preghiera del Santo Rosario, la quale racchiudendo in sé i misteri di Cristo è per noi scuola di fede e pietà.
2) L’importanza della preghiera d’intercessione per la predicazione, per il lavoro apostolico e per la conversione dei peccatori. Ecco allora il ramo monastico femminile dell’Ordine di Predicatori. La vera base e radice dell’albero dell’Ordine Domenicano senza della quale la nostra predicazione sarebbe vana.
Possiamo riassumere così la vita e il carisma di San Domenico con le belle parole del Prefazio con cui tra poco pregheremo Dio:
“Per l’onore e la difesa della Santa Chiesa,
volesti rinnovare la forma di vita degli Apostoli
per mezzo del Santo Padre Domenico.
Egli sempre sostenuto dal soccorso della Madre del tuo Figlio,
domò con la sua predicazione le eresie,
istituì per la salvezza dei popoli i difensori della fede
e guadagnò a Cristo innumerevoli anime.”.


Il Santo Padre Domenico interceda, in modo particolare in quest’anno giubilare, per l’Ordine dei Predicatori. Affinché i membri di questo glorioso Ordine possano essere sempre più ferventi nella preghiera, coraggiosi nel vivere e difendere la fede e non abbiano paura di dare la vita per la Verità. Maria Santissima, Regina del Santo Rosario, interceda per l’Ordine dei Predicatori.
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Francesco G. Tolloi
fotografie di Lorenzo Petronio (g.c.)
francesco.tolloi@gmail.com


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