lunedì 13 aprile 2020

(7) La Messa Pontificale. Tipologie - Caratteristiche - Peculiarità. (Sommario - Puntamento alle Sezioni)

Sommario - puntamento alle Sezioni.














(2) La Messa Pontificale. Tipologie - Caratteristiche - Peculiarità. (Assistenza Pontificale)


Assistenza Pontificale.
(in piviale e in cappa)

Se la celebrazione pontificale da parte del vescovo è caratteristica delle solennità, in altre occasioni egli interviene assistendo alla messa solenne celebrata da altri - assiso al trono - rivestito del piviale e della mitria e impugnando il pastorale. Il vescovo è attorniato dai diaconi e dal sacerdote assistente rivestiti dei loro abiti e insegne corali, ai piedi del trono si collocano - come alla messa pontificale - i chierici portainsegne che in queste occasioni non indossano il piviale. I canonici non indossano i paramenti ma solo il loro abito corale, essi si dispongono in circolo ai piedi del trono durante la vestizione, al Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei; chi fa detti circoli deve essere canonico e tale prerogativa spetta solo all’ordinario del luogo.
Canonici in circolo.

In siffatte circostanze il vescovo fa ingresso alla chiesa come sopra descritto, si veste dei sacri paramenti al trono, si reca con mitria e pastorale all’altare, fatta la dovuta reverenza li depone [40].

Fa la confessione ai piedi dell'altare stando il celebrante – che gli risponde - alla sua sinistra. Dopo l’Indulgentiam si avvicinano i suoi diaconi assistenti in abito canonicale e rispondono a quanto segue; anziché salire l’altare, congedandosi da esso, riceve mitria e pastorale e si reca al trono benedicendo gli astanti, ivi, consegnato il pastorale, siede impone e benedice l’incenso. Il celebrante compie l’incensazione come avviene normalmente alle messe solenni, riceve l’incensazione dal diacono (duplici ductu); il turiferario porta il turibolo al sacerdote assistente che - ai piedi del trono - turifica il vescovo triplici ductu
Incensazione.
Una volta ricevuta l’incensazione il vescovo siede per il tempo di deporre la mitria; stando in piedi legge l’introito del giorno – nello stesso momento in cui lo fa il celebrante all’altare - dal messale recato da un chierico e rischiarato dalla candela della palmatoria sorretta da un altro chierico.

Il Kyrie e il Gloria vengono recitati contemporaneamente al celebrante dal vescovo con i suoi assistenti e dai canonici in circolo; quando essi si allontanano dal trono vengono benedetti dal vescovo il quale sedutosi è coperto dalla mitria aurifregiata.

Stando sempre al trono benedice il suddiacono ed il diacono rispettivamente dopo la proclamazione dell'epistola e prima del canto del vangelo (le modalità sono analoghe a quelle della messa pontificale). 

Dopo l’omelia può esserci la benedizione indulgenziata (come alla messa pontificale al trono) [41]Il momento del Credo ha uno svolgimento in tutto simile a quello del Gloria. Cessato il canto del simbolo - cantato dal celebrante Dominus vobiscum e Oremus - il vescovo legge contemporaneamente l’offertorio del giorno, il suddiacono, stando all’altare presso il celebrante, mostra l’ampolla dell’acqua che viene benedetta dal vescovo prima di essere infusa nel calice. Spetta al vescovo imporre e benedire l’incenso. Come all’introito sarà incensato dal presbyter assistens dopo che il diacono avrà incensato il celebrante.

Durante il prefazio il vescovo sta in piedi al trono, recita, contemporaneamente al celebrante il Sanctus assieme ai suoi assistenti e ai canonici disposti in circolo; nel congedarli, come detto prima, li benedice. Con la mitria e il pastorale procede verso il mezzo del presbiterio ove è posto un faldistorio. Consegnato il pastorale resta a capo scoperto e in ginocchio assiste all’elevazione.

Durante l’elevazione, il suddiacono, reggendo la patena col velo omerale si trova in plano: per non dare le spalle al vescovo (che è inginocchiato innanzi al faldistorio) si scosta leggermente verso il lato dell’epistola stando voltato verso quello del vangelo. Terminata l’elevazione il vescovo si rialza, compie la genuflessione e riassume mitria e pastorale per spostarsi nuovamente verso il trono, ivi rimarrà in piedi rivolto verso l’altare. All’Agnus Dei si appressano a lui nuovamente i canonici per fare il circolo e recitare assieme questa formula. Il sacerdote assistente va all’altare e si comporta sostanzialmente come il diacono alla messa solenne, ovverosia si pone in ginocchio alla destra del celebrante mentre dice l’orazione Domine Jesu Christe, qui dixisti e - baciato l’altare assieme al celebrante - riceve la pace che porta immediatamente al trono al vescovo il quale la trasmette ai diaconi assistenti, il prete assistente dà la pace al suddiacono che la darà ai presenti in coro e quindi al diacono e al cerimoniere.
La pace.
Se vi è la distribuzione della comunione dopo il Confiteor pronunzia il Misereatur e l’Indulgentiam [42]. Il vescovo durante la comunione sta al trono in ginocchio oppure, giusta la consuetudine, solo quando il celebrante scende a dispensarla. Alla fine della messa spetta al vescovo impartire la benedizione stando al trono con la mitria in capo e il pastorale in mano (a meno che non sia arcivescovo o goda di un personale privilegio) quindi il celebrante legge l’indulgenza concessa.

In occasione di feste meno solenni il vescovo presta la sua assistenza con la cappa ministrato comunque dal presbyter assistens e dai diaconi assistenti [43]. In tali occasioni egli si copre della berretta che indossa da solo e gli viene consegnata dal primo dei diaconi assistenti. Riceve l’incensazione solamente all’offertorio; impartisce la benedizione con la berretta in capo (eccetto che sia arcivescovo o abbia il privilegio della croce).
Assistenza in cappa, elevazione (Westminster).
Il vescovo può altresì assistere in mozzetta prendendo posto nel primo stallo del coro. In questo caso riceve semplicemente l’incensazione all’offertorio triplici ductu dopo il celebrante, il diacono – prima di trasmettere la pace al suddiacono – la porta al vescovo. In questo caso al vescovo non spetta leggere nulla durante la celebrazione della messa e neppure impartire alcuna benedizione [44].

 
Se il celebrante della messa cui il vescovo assiste è a sua volta un vescovo non a lui soggetto il Caeremoniale episcoporum reputa opportuno che l’ordinario presti assistenza astenendosi dal rivestirsi dei paramenti e quindi rivestendo solo la cappa [45]. Tutti gli onori (es. i baci nella consegna degli oggetti) e le benedizioni spettano al celebrante. Fanno eccezione l’assoluzione, la concessione dell’indulgenza e la benedizione che hanno luogo dopo l’omelia che sono di stretta pertinenza dell’ordinario. Ne consegue che spetta al vescovo celebrante benedire l’incenso e l’acqua, ricevere il bacio della mano da parte del suddiacono dopo il canto dell’epistola, benedire il diacono per la proclamazione del vangelo, impartire la benedizione alla fine della messa. Il vescovo che assiste si astiene dal recitare le preghiere ai piedi dell’altare che invece alternerà stando al trono con i suoi assistenti, bacia il testo del vangelo dopo il canto dello stesso ma l’incensazione la riceve solo il vescovo celebrante [46].

Per completezza ricordo che il vescovo - trovandosi ad assistere ad una messa letta nel territorio della sua giurisdizione – riceve da baciare il testo del vangelo dopo la proclamazione dello stesso e riceve la pace con lo strumento [47].





Note:
[40] I. NABUCO, Ius pontificalium…, cit., p. 333 considera lodevole l’uso che il vescovo si pari nel “sacrario sive in secretario”.
[41] Idem, p. 334.
[42] Secondo il Messale nell’edizione del 1962 non ha luogo la recitazione del Confiteor avanti la comunione cfr. nota 31.
[43] CE, II, IX, 4.
[44] Qualora vi fosse uno speciale indulto in forza del quale il vescovo, pur essendo vestito in mozzetta, presta assistenza al trono, si comporta come se assistesse al primo stallo del coro; cfr. I. NABUCO, Ius pontificalium, cit. p. 332.
[45] Ibidem, al 7.
[46] I. BOURGET, Ceremonial des évêques…cit., p. 63 riferisce di sviluppi piuttosto amplificati dell’assistenza in mozzetta. Sull’argomento della messa celebrata da un vescovo alla presenza di un superiore (es. cardinale o metropolita) rimando a L. GROMIER, Commentaire…cit. p. 320-325 e anche I. NABUCO, Ius pontificalium…cit. p. 335 qui l’Autore reputa che anche un cardinale legato o un prelato superiore che dovesse assistere alla messa dell’ordinario del luogo si astiene dal prestare l’assistenza in piviale “obsequii causa”. Una descrizione che eccelle per dettagli e precisione della messa pontificale celebrata da un vescovo alla presenza dell’ordinario del luogo che siede al trono in cappa è quella di: MARTINUCCI-G.B.M. MENGHINI, Manuale sacrarum caeremoniarum…, cit., pars altera, I, pp. 233-252.
[47] CE I, xxx, 1 e 2.

(6) La Messa Pontificale. Tipologie - Caratteristiche - Peculiarità. (Messa Pontificale dei Prelati non Vescovi - Conclusione)


Messa Pontificale dei Prelati non Vescovi.

Tra i prelati non vescovi ve ne sono alcuni che possono celebrare in forma pontificale. In diversi interventi della sede apostolica si ravvisano dei provvedimenti che pongono dei limiti, senza dubbio mirati a far sì che il loro status sia distinto da quello dei vescovi e dei cardinali, in particolare nell’ornato e nelle limitazioni derivanti dal poter pontificare solo in precise e ristrette occasioni. Si ravvisa altresì una tendenza ad ottenere una certa uniformità visto che evidentemente si erano radicate diverse e variegate costumanze locali giustificate da consuetudine o privilegio.

I prelati che celebrano in forma pontificale sono gli abati (secolari e regolari) i protonotari apostolici de numero partecipantium, i protonotari apostolici soprannumerari e quelli ad instar partecipatium. Altri prelati come i protonotari onorari (o anche superiori di ordini religiosi [94], es. i ministri provinciali francescani) usano alcune distinzioni peculiari (es. l’uso del canon missae e della bugia) durante le sacre funzioni. Tra gli abati che celebrano pontificalmente ci sono quelli regolari [95] (ovvero che presiedono a qualche monastero ed hanno quindi su di esso una giurisdizione spirituale), quelli che presiedono a qualche insigne chiesa soggetta alla santa sede detti secolari, gli abati nullius (che hanno giurisdizione su clero e fedeli di un determinato territorio).

Alcune chiese parrocchiali insigni furono in passato dichiarate abbazie ad honorem dai sommi pontefici e perciò, durante munere, i loro parroci officiano pontificalmente [96]. Il Caeremoniale episcoporum non fa menzione espressa dei pontificali dei prelati privi del carattere episcopale, per risalire pertanto alle caratteristiche sarà necessario attingere ai decreti e alle opinioni degli autori. I pontificali degli abati si svolgono al trono. Il trono però è eretto, sempre dal lato del vangelo, su due gradini e non può – anche nella propria chiesa – essere fisso ma deve essere collocato solo in occasione delle celebrazioni pontificali [97]. All’altare non è mai collocato il settimo candeliere, prerogativa esclusiva dell’ordinarius loci limitatamente ai suoi pontificali al trono. Le normative principali sono contenute in un decreto seicentesco emanato durante il pontificato di papa Alessandro VII “Circa usum pontificalium praelatis episcopo inferioribus” [98].

Richiamo le principali differenze rispetto la messa pontificale di un vescovo: anzitutto l’abate non è accolto da tutto il clero alla porta della chiesa ma solo da due chierici e dal cerimoniere, sempre all’ingresso, non asperge clero e fedeli ma - toccando l’acqua dall’aspersorio a lui porto dal più degno dei sacerdoti - si segna, non incede attraverso la navata benedicendo e, quando, avendone l’uso, indossa la cappa questa non è sostenuta dal chierico caudatario, salvo non goda di un particolare indulto apostolico. L’abate si para al trono e non nel secretarium. Non benedice coloro i quali provvedono alla abluzione delle sue mani, né il prete assistente né il diacono quando riceve l’incensazione. La sua mitria è aurifregiata (salvo particolari concessioni della sede apostolica), al pastorale è sospeso un velo di stoffa bianco [99] a voler segnare la sua giurisdizione limitata e distinguerlo da un prelato con carattere episcopale. Sei sacerdoti del suo clero siedono su due panche predisposte in presbiterio indossando due il piviale, due la pianeta e due la dalmatica. Il prelato durante la messa dice Dominus vobiscum e non Pax vobis prima della colletta, non concede indulgenze, non benedice il predicatore e neppure il diacono che lo incensa o coloro i quali ministrano alla lavanda delle mani, dà la benedizione triplice come i vescovi.

I pontificali dei protonotari apostolici sono normati da un motu proprio di papa san Pio X [100] che stabilì le classi in numero di quattro: de numero partecipantium, soprannumerari, ad instar partecipantium e onorari, limitando le funzioni pontificali nel corso dell’anno liturgico e rimettendole al placet dell’ordinario del luogo. Detto provvedimento pose fine – almeno in massima parte – a quelle numerose costumanze locali spesso legate ai capitoli.

I protonotari de numero, fuori dall’Urbe, celebrano pontificalmente al faldistorio, come gli abati vengono accolti alle porte della chiesa, rivestiti del rocchetto e della mantelletta, dal cerimoniere e da due chierici [101]. Durante la messa possono alternare due mitrie: quella aurifregiata e quella semplice di lino [102], possono essere assistiti, eccetto che in presenza di un vescovo, dal presbyter assistens, la lavanda delle mani avviene solo dopo l’offertorio come per tutti i sacerdoti, benedicono come fanno normalmente i sacerdoti ma cantando la formula. Tengono lo zucchetto solo quando incedono nella navata della chiesa reggendo la berretta nera col fiocco rubino e quando il capo è coperto dalla mitria; lo zucchetto è nero con le cuciture di colore rubino. Le chiroteche sono in seta senza ricami, sono solamente orlate d’oro, l’ornato è simile per i calzari e per i sandali.  La messa si svolge con le modalità descritte per la messa pontificale al faldistorio eccetto per le particolarità qui sinteticamente descritte.

Del tutto analoghi i pontificali dei protonotari soprannumerari nei confini delle diocesi di appartenenza [103] eccezion fatta per la mitria: invece della aurifregiata, usata come si è visto dai protonotari de numero, fanno uso di una mitria particolare di seta bianca e bordata d’oro con le frange sottostanti le infule di color rosso; essa può essere alternata alla mitria semplice di lino. Fuori dal territorio diocesano essi pontificano al modo dei protonotari ad instar partecipantium
Basilica di Grado (GO) mons. Silvano Fain prot. ap. (1921-1998)
Lavanda delle mani da parte dei fabbriceri. 

Basilica di Grado (GO) mons. Silvano Fain prot. ap. (1921-1998)
Secondo Nabuco [104] - riguardo le modalità di celebrare i pontificali per questa classe di protonotari - nella seconda metà dell’Ottocento venne a instaurarsi una novità nel costume liturgico: tale classe di protonotari non pontifica infatti al faldistorio ma siede allo scanno al modo dei sacerdoti [105]. L’ornato delle insegne è costituito da un galloncino di colore giallo, utilizzano una sola mitria che è damascata con le frange delle infule di colore rosso. Si tratta sostanzialmente di una messa solenne sacerdotale con l’uso delle insegne (nella quale non si fa uso del gremiale) e con la possibilità di partecipazione del sacerdote assistente (eccetto nelle cattedrali e in presenza del vescovo).

Conclusione.

Ogni cerimonia descritta, così come ogni uso, gesto e insegna peculiare che abbiamo illustrato o menzionato, sarebbe meritevole di approfondite analisi a tutto tondo che non tralascino i diversi aspetti che le riguardano e caratterizzano, da quelli storici a quelli che concernono il significato teologico ed ecclesiologico.

Un’analisi così impostata, ovviamente, tracimerebbe dai limiti e dalla struttura di questo scritto inteso – fino dai dichiarati intenti iniziali e dal titolo stesso – a compendiare caratteri e peculiarità della messa celebrata nella ‘forma pontificale’ (o meglio nelle ‘forme pontificali’).

Osservare la cerimonialità legata alle messe pontificali senza dubbio ci permette di cogliere un tratto essenziale della liturgia ovvero l’aspetto ecclesiologico di manifestazione dell’ordine gerarchico della Chiesa orientato - in una prospettiva del tutto verticale - verso il culto dell’Altissimo. Muovendoci sempre da questa osservazione ci è dato di comprendere di come questo scopo ultimo si traduca in un linguaggio - alle volte piuttosto complesso e composito - di segni, gesti e simboli volti a esplicitare la finalità ultima.

La centralità della cattedra quale segno di giurisdizione e quindi il suo uso o il suo non uso, l’uso delle insegne, i ruoli precisi della gerarchia nel compimento del rito, visti e considerati in questa ottica, cessano di essere fraintesi e relegati a un ruolo ornamentale e marginale ma assumono un’importanza centrale di manifestare  e significare la Chiesa militante ordinata e orientata al culto, un culto che ha il suo riferimento e suo alto esempio  in quello celeste. È in questa prospettiva che sicuramente la puntuale e meticolosa esecuzione delle cerimonie assume la sua dimensione più vera, così come l’esatta e scrupolosa osservanza delle norme mondata da creazioni personalistiche – che abbiamo auspicato in premessa – finisce con l’essere una traduzione esteriore di una comprensione più profonda, consapevole ed autentica.

La liturgia pontificale va compresa, infine, nella sua esemplarità: essa non è l’ipertrofizzazione e l’amplificazione in termini di magnificenza di una liturgia più “semplice” ma il movimento e il processo di formazione avvengono esattamente in direzione contraria: dalla messa papale deriva l’“adattamento” a spazi e ambiti della cattedrale diocesana e questa irradia il suo esempio plasmando e modellando la liturgia presbiterale. Addentrarsi e capire la liturgia pontificale sicuramente fornisce chiavi di lettura e suggerisce indirizzi di ricerca che possono portare a interessanti conclusioni. Certamente – pur muovendosi con questi presupposti – non si ha la pretesa di esaurire argomenti così complessi.

In questo scritto, inoltre, mi sono limitato alla sola celebrazione della messa: sarebbe necessario un lavoro di lettura intrecciata in particolare del Caeremoniale episcoporum e del Pontificale Romanum per iniziare a comprendere l’immagine di una società volta alla santificazione del tempo, degli spazi e delle cose degli uomini in una dimensione di tensione verticale tipica di quella che è la ‘cristianità’ intesa nella sua accezione più piena, ampia e completa.

Francesco G. Tolloi








Note:
[94] Celebre il privilegio dei pontificali del custode francescano di Terra Santa.
[95] Spesso ci sono diversificazioni che caratterizzano i loro pontificali specie in seno alle diverse congregazioni benedettine, abati godenti di privilegi pontificali sono riscontrabili anche in altri ordini ad esempio i cistercensi e i premostratensi che però utilizzano una liturgia propria differente dalla romana, cfr. A. KING, Liturgies of Religious Orders, London-New York-Toronto, Longmans, 1955.
[96] Delle cerimonie di questi trattò ampiamente - nell’occasione della concessione del titolo di abbazia ad honorem alla parrocchiale di Piove di Sacco (diocesi di Padova) all’epoca del sommo pontificato di Leone XIII – il sacerdote F. GIACOMELLO, Cerimoniale per le funzioni degli abbati mitrati, Padova, Antoniana, 1901, il quale attinge a piene mani a P. MARTINUCCI, Manuale … cit., in particolare dal libro VIII (1879).
[97] Si noterà in questa proibizione di un trono fisso ancora una volta l’importanza attribuita alla cathedra del vescovo diocesano; all’inizio del Novecento si assiste a un mitigarsi del rigore della disciplina in questa fattispecie. A tale proposito SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Decreto 3 febbraio 1907 in «Acta Sanctae Sedis», Romae, Libreria Editrice Vaticana, 41 (1908), p. 344. Il trono può anche essere fisso e poggiare su tre gradini ma deve essere tolto l’ornamento al di fuori delle funzioni pontificali. Il contenuto del decreto citato viene assunto e ripreso nella legislazione canonica del 1917 (cfr. canoni 325 e 625 Codex Iuris Canonici 1917). Sulla questione: I. NABUCO, Ius Pontificalium…, cit., pp. 277-278.
[98] SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Decreto 27 settembre 1659 n. 1131, in Decreta Authentica …,  cit., I, p. 232 e ss.. I. NABUCO, Ius Pontificalium,cit p. 80,  lamenta la mancanza di normativa successiva e ne formula gli auspici per una revisione, L. GROMIER, Commentaire, cit. p. 136  ci ricorda che “ Les abbés n’ont pas d’autre statut que le décret les regardant, promulgué par Alexandre VII en 1659. […] Quoi qu’en disent certains, du reste sans preuve, il n’est nullement périmé, nullement contredit ni infirmé par le Codex Juris Canonici.”. Probabilmente dietro questi “certains” è da intendersi anche il Nabuco che tradisce una visione piuttosto restrittiva dei privilegi pontificali abbaziali.
[99] F. GIACOMELLO, Cerimoniale cit., p. 10 fornisce le misure di questo velo sempre bianco anche quando la funzione preveda un altro colore liturgico; esso ha una larghezza di 10 centimetri per una lunghezza di 20.
[100] PIO X, Motu proprio Inter multiplices curas, 21 febbraio 1905, in «Acta Sanctae Sedis», Romae, Libreria Editrice Vaticana, 37 (1904-5), pp. 491-512.
[101] Sui pontificali dei protonotari apostolici delle diverse classi, a tenore del motu proprio “Inter moltiplices”, vedi G.B.M. MENGHINI, Ritus in Pontificalibus celebrandis a Protonotariis Apostolicis servandus, in «Ephemerides Liturgicae», Romae, Desclée, XXIII (1908), pp. 111-118; 259-266; 365-378; 483-485  e anche B. FAVRIN, Praxis…, cit. pp. 113-139.
[102] Sostanzialmente nei momenti in cui il vescovo adopera quella preziosa mettono l’aurifregiata e quando il vescovo mette quest’ultima usano la semplice.
[103] Fanno eccezione i canonici delle tre basiliche patriarcali vaticana, lateranense e liberiana che sono per l’appunto protonotari apostolici soprannumerari: costoro, non potendo pontificare nei territori dell’Urbe fruiscono del privilegio ovunque fuori di questa.
[104] L’innovazione del “pontificale allo scanno” si ebbe durante il pontificato  del beato Pio IX : PIO IX, Costituzione Apostolica Apostolicae Sedis Officium, 29 agosto 1872, in «Sanctae Sedis», Romae, Poliglotta Vaticana, 7 (1892-93), 1905, pp. 91-100., cfr  I. NABUCO, Ius Pontificalium, cit. pp. 326 e s.. Sulla evoluzione della normativa si veda ancora Idem, pp. 73-79.
[105] Specificatamente dedicato ai protonotari ad instar partecipantium: R. ADDA, Il cerimoniale del protonotario apostolico ad instar partecipantium, Vicenza, San Giuseppe, 1932.

(5) La Messa Pontificale. Tipologie - Caratteristiche - Peculiarità. (Messa Pontificale dei Papa a San Pietro)


Messa Pontificale del Papa a San Pietro.

Richiamo le caratteristiche proprie della messa pontificale del sommo pontefice nella basilica di S. Pietro, sempre secondo la disciplina antecedente la riforma [74]. La codificazione del rito è da attribuirsi, primariamente, all’opera del cerimoniere Agostino Patrizi Piccolomini (cit.); non senza importanza risultano essere i diaria dei cerimonieri che, nell’adempimento del loro ufficio, hanno fissato e tramandato gli usi.

Anzitutto il papa celebra ordinariamente la messa pontificale nella basilica vaticana in occasioni limitate e rare durante il corso dell’anno liturgico e in circostanze particolarmente solenni quali le canonizzazioni o le proclamazioni dei dogmi, le restanti funzioni si celebrano in massima parte all’interno dei sacri palazzi (cappella sistina e, fino al 1870, la cappella paolina al Quirinale).

La rarità delle funzioni in basilica vaticana – e in altre chiese dell’Urbe – è uno status quo che è intervenuto all’indomani del ritorno in Roma del papa con la sua corte dopo il periodo avignonese (1309-1377) momento nel quale molte chiese romane versavano in stato di rovina [75]. Dettaglierò anzitutto quanto deve essere predisposto secondo le istruzioni che vengono impartite dal prefetto delle cerimonie pontificie. Nei pressi dell’aula detta “dei paramenti” si trova una piccola stanza nella quale, su una mensa, viene disposta la falda. Nella sala “dei paramenti” il religioso agostiniano, sottocustode della sagrestia pontificia, dispone i paramenti che userà il papa: il manto, la stola, il cingolo, il camice e l’amitto; la mensa, sulla quale si colloca quanto elencato, prende il nome di “letto” [76]. Nei pressi di questo saranno preparate le mitrie preziose, la mitria in lama d’oro e le tiare nonché i banchi sui quali prenderanno posto i cardinali.

Contigua a questa stanza si trova la “Sala Giulia” ove vengono poste due credenze. La prima di queste serve alla preparazione dei paramenti che indosseranno i cardinali sopra il rocchetto a seconda dell’ordine di appartenenza: i vescovi amitto, cotta, croce pettorale e piviale in lama serrato davanti col formale dorato con tre “pigne” formate da perle e mitria damascata bianca con le vitte ornate di frangia rossa; i preti amitto, pianeta ricamata e mitria (se sono vescovi portano anche la croce pettorale) e i diaconi amitto dalmatica e mitria. Ivi si parerà altresì il cardinale diacono ministrante (che mette amitto, camice, cingolo e stola di traverso). La seconda credenza è occupata dai sette candelieri che saranno portati dai votanti in segnatura che fungono da accoliti [77]. Nella “Sala Ducale” compiranno invece la vestizione i patriarchi, gli arcivescovi, i vescovi, il commendatore di S. Spirito, gli abati mitrati, i penitenzieri della basilica vaticana, il suddiacono che ministra alla messa (uditore di rota) e l’altro che funge da crocifero nonché i due ministri di rito greco (diacono ed ipodiacono). 
Suddiacono apostolico tra i ministri di rito greco.
Patriarchi, arcivescovi e vescovi sopra il rocchetto e la croce pettorale indossano il piviale non ricamato in lama d’oro o d’argento e coprono il capo con la mitria di lino bianca (la mitria semplice); il commendatore di S. Spirito e gli abati mitrati si vestono al modo dei vescovi ma il loro piviale è di damasco. I penitenzieri si parano con amitto, camice, cingolo, pianeta di damasco e coprono il capo con la berretta; il diacono e l’ipodiacono greci si vestono dei paramenti propri del loro rito.

Nel luogo opportunamente destinato, sopra il rocchetto, indossano la cotta i prelati uditori della sacra rota, i chierici di camera, i votanti della segnatura, gli abbreviatori del parco maggiore. I prelati “di fiocchetti”, i protonotari apostolici, il reggente della cancelleria apostolica assumono le cappe, gli altri addetti alla cappella indossano ciascuno l’abito conforme al proprio grado; i procuratori generali degli ordini e i ministri generali portano il loro abito proprio. I caudatari dei cardinali indossano, sopra la caratteristica “croccia”, la cotta. Sull’alto ripiano della sala ducale trova posto la sedia gestatoria con le aste che servono ad alzarla, i flabelli (portati da due camerieri segreti in cappa rossa) e il baldacchino che sovrasta il sommo pontefice quando siede sulla gestatoria che è sostenuto dai prelati referendari della segnatura, vestiti con il rocchetto e la mantelletta e coadiuvati dai mazzieri pontifici. La sedia gestatoria sarà portata da dodici “sediari pontifici” vestiti di raso rosso damascato e con mantelle di panno rosso; essi sono vigilati dal foriere e il cavallerizzo maggiori. Circondano la stessa il capitano e gli altri ufficiali della guardia svizzera; quattro guardie della stessa (che rappresentano i quattro cantoni cattolici elvetici), i comandanti esenti della guardia nobile e della guardia palatina d’onore con i cursori pontifici e i mazzieri. In basilica, presso la cappella della pietà si predispone un altro “letto per i paramenti” (che servirà alla fine della messa); un’apposita stanza viene ricavata a sinistra di questa con panneggi e tendaggi di damasco che ha lo scopo di ricevere il papa quando - una volta terminata la messa - va a deporre la falda.

Nella cappella della SS. Trinità, usualmente deputata alla custodia eucaristica, viene esposto solennemente il Santissimo Sacramento e davanti all’altare ci sarà il genuflessorio sul quale il papa compie l’adorazione. Su entrambi i lati trovano posto gli scanni per i cardinali. Nel luogo chiuso - ove abitualmente si celebrano le funzioni di cappella e quelle in cui interviene il sacro collegio, detto “Quadratura” - vengono disposti i banchi, ornati di arazzi e tappeti, sui quali prendono posto i cardinali, i vescovi e i prelati che hanno diritto ad assistere. Presso il lato del vangelo dell’altare papale, usualmente sotto la statua di sant’Elena, si erige la cantoria per i cantori pontifici; dalla stessa parte ma sotto la colonna anteriore del baldacchino dell’altare si colloca la “credenza del coppiere” o “bottigliere” sulla quale trovano posto la brocca con il bacile e gli asciugatoi, nonché i veli di seta semplici e quelli più nobili che sono confezionati in lama d’argento e oro e sono del colore dei paramenti; essi serviranno a ricoprire coloro i quali sono deputati a somministrare le lavande al sommo pontefice. Sulla stessa credenza è collocato il contenitore per le bottiglie di vino e un vassoio dorato.

Presso il trono dal lato del vangelo trova posto una credenza costruita al modo di un leggio: essa è denominata “lanterna” poiché è deputata alla custodia della candela ricurva che sostituisce la bugia [78]; su di essa si colloca il messale ad uso del sommo pontefice ricoperto in tessuto del colore dei paramenti, esso è denominato comunemente “messaletto” [79]. Il libro durante la messa quando il papa canta è retto dal cardinale decano del sacro collegio (qualora fosse impedito da un altro cardinale vescovo delle diocesi suburbicarie) e le altre volte – ovverosia quando legge - da un arcivescovo o vescovo assistente al soglio che, sostanzialmente, funge da chierico portainsegne. L’altare è ornato dai palliotti, la mensa è coperta dalle tovaglie, essa è sovrastata da sette candelieri (presso i quali è ripiegata una apposita tovaglia) con la croce ai lati della quale sono collocate le statue di san Pietro e di san Paolo. Sulla mensa vengono disposti i restanti paramenti che userà il papa per celebrare la messa ovverosia: il succintorio [80], la croce pettorale, il fanone [81], la stola, tunicella e dalmatica pontificali, la pianeta, le chiroteche e il pallio con i suoi spilli.  Il trono viene allestito nel mezzo dell’abside e ornato, sulla destra di esso vi è il faldistorio per il cardinale che funge da assistente (mutatis mutandis al modo del presbyter assistens delle messe pontificali vescovili).

Presso il trono ove il papa officia l’ora di terza vi è un’altra credenza deputata in particolare al cardinale diacono ministrante ove trova posto il suo manipolo, un altro “messaletto” per uso dello stesso, brocca e bacile, due piatti con l’asciugatoio e le ampolle per il vino e l’acqua. Presso la colonna anteriore del baldacchino dal lato dell’epistola è posta la credenza alla quale attende il monsignore sacrista. Ivi è disposto tutto l’occorrente per la messa: il calice con la patena, la borsa grande con il corporale ornato d’oro, la palla ugualmente ornata (che servirà, come vedremo, a coprire il calice al momento di portare la comunione al papa), il calice che servirà alla purificazione, la fistula con il suo spillo, la pisside, la scatola delle ostie, le ampolle con il loro vassoio e il cucchiaino per aggiungere l’acqua nel calice coperte di un velo del colore del giorno, un altro cucchiaino che servirà –qualora si rendesse necessario – ad asportare dal calice il frammento dell’ostia immesso nel calice nonché una piccola patena per poggiarvelo, una patena con l’asterisco, il leggio da mettersi sulla mensa dell’altare all’offertorio per sorreggere il “messaletto” del papa, il velo per il sacrista, il velo omerale per il suddiacono apostolico ministrante, il Linteo pectorale (detto anche Dominicale) del quale si servirà lo stesso per il trasporto dell’eucaristia al trono, due manipoli (che indosseranno il suddiacono apostolico e il cardinale diacono ministranti), un libro con il salmo Lavabo, gli epistolari e gli evangeliari (latini e greci) e alcuni vassoi dorati atti a recare gli oggetti necessari durante lo svolgimento del rito.

Il papa, in mozzetta, riceve dal monsignore maggiordomo la stola che toglie prima di indossare la falda aiutato dal prefetto delle cerimonie e dal secondo cerimoniere. È in questo momento che la lunga e numerosa processione inizia a muovere transitando per la sala ducale, la sala e la scala regia e quindi il portico della basilica alla quale accede passando per la porta centrale ove si trova schierato il capitolo vaticano con il cardinale arciprete in cappa (il quale poi la deporrà per assumere i paramenti e prendere il posto che a lui spetta secondo l’ordine di appartenenza). Il papa procede alla vestizione, nella sala dei paramenti, essendo i cardinali disposti negli appositi banchi. Il sommo pontefice è aiutato dai due primi diaconi, i paramenti sono presentati dai prelati votanti che stanno genuflessi. I sette votanti della segnatura, che ministrano come accoliti, prendono i sette candelieri e si collocano quattro a destra e tre a sinistra della croce recata da un suddiacono apostolico uditore della sacra rota.

Quando il papa ha indossato la stola infonde l’incenso nel turibolo, ministrare il cucchiaino spetta – in questo momento - al primo dei cardinali preti presenti. Imposto l’incenso il papa è rivestito dal manto chiuso col formale e coperto dalla tiara. All’intimazione extra del prefetto delle cerimonie pontificie il prelato che funge da turiferario va innanzi alla croce; egli è preceduto dai cappellani segreti e comuni che portano le mitrie preziose e i triregni. Il secondo cerimoniere raccoglie le estremità della falda e del manto che vengono consegnate al principe assistente al soglio. I due cardinali diaconi assistenti reggono le fimbrie del manto (come si fa col piviale), due protonotari apostolici reggono le estremità anteriori della falda, mentre spetta a due camerieri segreti partecipanti sorreggere quelle laterali un tanto fino a che il papa sarà salito sulla sedia gestatoria e faranno lo stesso una volta che sia disceso. Quando il papa incede a piedi il diacono ministrante lo precede da solo, quando è assiso sulla gestatoria si colloca nel mezzo dei due cardinali diaconi che fungono da assistenti. Muovono in processione tutti coloro i quali prendono parte alle cappelle pontificie seguendo l’ordine che è intimato nel motu proprio denominato comunemente “Rotolo”.
Il venerabile Pio XII sulla sedia gestatoria.

Una volta che la processione è entrata - dopo che il papa, transitando, ha benedetto il capitolo – gli ottoni fanno spandere le loro armonie dalle logge della basilica quindi i cantori intonano il mottetto “Tu es Petrus”. Il sacro corteo si dirige verso la cappella della SS. Trinità ove sosta. Il santo padre scende dalla sedia gestatoria, il primo cardinale diacono assistente gli toglie la tiara e il prefetto delle cerimonie lo zucchetto, nella cappella prendono posto i cardinali e il papa compie la sua adorazione inginocchiato innanzi al genuflessorio.

Terminata l’adorazione riprende zucchetto e tiara e – stando il romano pontefice sempre sulla gestatoria – la processione si dirige all’altare papale, ivi giunta tutti fanno man mano la dovuta reverenza e si recano al posto loro assegnato. Il turiferario prelato votante della segnatura dà il turibolo a un accolito della cappella che avrà cura di mantenere il fuoco sempre acceso, i prelati votanti che fungono da accoliti depongono i candelieri: due sulla credenza in cornu epistolae (quella curata dal monsignore sacrista) e cinque su quella del cardinale diacono (presso il trono dal quale il papa presiede l’ora di terza). La guardia nobile si dispone in due ali nei pressi dell’altare della confessione. Sopra l’altare papale, sul lato del vangelo, si pongono le mitrie preziose, sul lato opposto le tiare. Il suddiacono crocifero uditore rotale mette la croce dal lato del vangelo avvertendo che il crocifisso guardi in direzione del presbiterio ed ivi si ferma per tutta la funzione.

Il papa discende dalla sedia gestatoria quindi, deposta la tiara, genuflette innanzi a un faldistorio posto davanti l’altare e sosta in preghiera con il capo coperto dallo zucchetto; levatosi riceve dal cardinale primo diacono assistente la mitria e si porta al trono. Riceve l’obbedienza dai cardinali, a principiare dal decano, che baceranno l’anello al papa assiso, seguiranno patriarchi, arcivescovi e vescovi assistenti al soglio che significano la loro obbedienza baciando il ginocchio destro del sommo pontefice. I due primi arcivescovi assistenti al soglio, compiuta l’obbedienza, sostano ai piedi del trono sostenendo il libro e la candela ricurva dal momento che eserciteranno l’ufficio di portainsegne. Seguitano a compiere l’obbedienza i vescovi eletti, il commendatore di S. Spirito e gli abati che baciano il piede al papa. Compiutasi l’obbedienza il secondo cardinale diacono assistente toglie la mitria al pontefice che si alza e dice segretamente il Pater noster e l’Ave, Maria che normalmente precedono le ore canoniche.

Vestizione del papa (San Giovanni XXIII)
Si accostano al papa gli arcivescovi assistenti con il libro e la candela; il libro è sostenuto dal cardinale vescovo nel mentre che il papa canta il Deus, in adjutorium. Una volta principiata dai cappellani cantori l’antifona, il papa siede e il primo cardinale diacono gli mette la mitria. Nel contempo il suddiacono apostolico - con le spalle coperte del velo omerale e scortato da quattro votanti in segnatura – porta i calzari e i sandali pontificali al trono, che il papa indosserà per mezzo di un aiutante di camera mentre tutti stanno in ginocchio [82]. Il papa stando seduto legge la preparazione dal libro sostenuto dall’arcivescovo assistente al soglio che compie questo uffizio, egli ha accanto un altro arcivescovo che sostiene la candela ricurva. Al principio del canto del secondo salmo dell’ora di terza il monsignore sacrista con un cerimoniere inizia a distribuire i paramenti per rivestire il sommo pontefice ai votanti in segnatura; consegneranno quindi al suddiacono apostolico il pallio con gli spilli atti a fissarlo. Mentre ha inizio il terzo salmo si appressa alla credenza del sacrista il maestro del santo ospizio - ivi già si trovano un uditore rotale, un chierico di camera e due mazzieri pontifici – indossa sulle spalle un velo serico per sostenere la brocca e il bacile atti a ministrare la lavanda; l’uditore prende il vassoio col manutergio e il chierico di camera il gremiale.
Il capitolo dell’ora canonica viene ascoltato dal papa in piedi con la mitria in capo, siede ed essa viene levata, quindi si alza nuovamente; due votanti di segnatura che fungono da accoliti si recano con i candelieri al trono di terza per assistere il papa che canta l’orazione conclusiva dal libro sostenuto dal cardinale vescovo assistente. Il pontefice siede nuovamente e il cardinale diacono assistente lo copre con la mitria; il cardinale diacono ministrante si reca dall’altare seguito dai prelati votanti che portano i paramenti. Frattanto il cardinale vescovo assistente toglie l’anello al santo padre (per poi rimetterlo dopo la lavanda) e prende il manutergio preso dal vassoio sostenuto dall’uditore, il cardinale diacono ministrante stende sulle ginocchia del papa il gremiale. Compiuta la lavanda i prelati votanti di segnatura genuflettono innanzi al trono e salgono uno ad uno allo stesso per consegnare in ginocchio il paramento al cardinale diacono ministrante che avrà tolto la mitria, il manto, la stola e il cingolo [83] al papa.


Mentre il papa sta indossando le chiroteche un suddiacono apostolico e un votante della segnatura si recano all’altare ove, stando in ginocchio, ricevono dal monsignore sacrista rispettivamente il pallio e il vassoio con gli spilli per fissarlo. Accompagnati da un cerimoniere salgono al trono e lì genuflettono nel mentre il cardinale diacono ministrante accomoda e fissa il pallio al romano pontefice che per mezzo del primo cardinale diacono assistente riceve la mitria e quindi l’anello per mezzo del cardinale vescovo assistente. Si accosta al trono il prelato votante della segnatura che ministra come turiferario ed è compiuta l’imposizione e benedizione dell’incenso. A questo punto cardinale diacono ministrante e suddiacono apostolico ricevono il manipolo.

Presso il trono di terza si saranno portati nel frattempo i sette prelati che sorreggono i candelieri che tengono nel mezzo l’uditore rotale con la croce. Muove quindi la breve processione che, per il momento in cui essa si compie, è detta “di terza”. La croce è preceduta dal prelato turiferario segue il suddiacono apostolico, che regge innanzi al petto l’evangeliario serrato e segnato al testo del giorno dal manipolo del papa, accanto a lui incedono i ministri di rito greco. Seguono il cardinale diacono ministrante e alla sua destra il cardinale vescovo assistente, finalmente il papa in mezzo ai due cardinali diaconi assistenti; due uditori rotali e due camerieri segreti partecipanti sorreggono la falda [84]. La processione sosta per consentire al sommo pontefice di incontrare i tre ultimi cardinali preti che ricevono e rendono l’abbraccio e bacio di pace al volto e al petto.

Giunti ai piedi dell’altare il cardinale diacono ministrante leva la mitria al papa, il suddiacono apostolico consegna l’evangeliario col manipolo del sommo pontefice a un cerimoniere. Durante le preci ai piedi dell’altare e alla confessione il papa ha alla sua destra il cardinale vescovo assistente, alla sua sinistra il cardinale diacono ministrante che ha accanto il suddiacono apostolico il quale – dopo l’
Indulgentiam fa indossare il manipolo al papa; diacono ed ipodiacono greci sostano presso la colonna anteriore del baldacchino in cornu epistolae, i cardinali diaconi assistenti stanno in posizione arretrata recitando fra di loro la confessione.

Terminate le preghiere ai piedi dell’altare il papa sale all’altare (il prefetto delle cerimonie solleva le estremità anteriori della veste e due uditori sollevano quelle anteriori della falda): come alla messe pontificali vescovili i suoi assistenti mutano di posto in modo che, giunti in prossimità della mensa il papa abbia alla sua destra il cardinale diacono ministrante, alla sua sinistra il cardinale vescovo assistente il quale riceve l’evangeliario dal suddiacono apostolico e porge a baciare l’inizio del vangelo del giorno al papa dopo che questi ha baciato la mensa. Segue l’imposizione e benedizione dell’incenso e la turificazione dell’altare. Una volta compiuta il papa riceve la mitria dal primo dei cardinali diaconi assistenti e l’incensazione dal cardinale diacono ministrante, questi, assieme ai due cardinali diaconi assistenti ricevono l’abbraccio e il bacio di pace dal sommo pontefice. Fatto inchino alla croce dell’altare il papa, con i suoi assistenti, si dirige verso il trono eretto nel centro dell’abside, sedutosi gli viene tolta la mitria e quindi si leva in piedi e - appressatisi gli arcivescovi assistenti con il libro e la candela ricurva - legge l’introito e alterna il Kyrie. Nel frattempo il cardinale diacono ministrante resta all’altare presso su uno sgabello collocato in predella volto verso il papa: legge l’introito e il Kyrie dal libro retto dal suo caudatario; alla sua sinistra si colloca il suddiacono apostolico, assieme a lui recita il Kyrie e il Gloria (chiaramente dopo che il papa lo ha intonato e lo sta leggendo con i suoi assistenti).

Dopo la recita del Gloria tutti seggono, il cardinale diacono ministrante si mette la mitria e il suo caudatario si siede sui gradini dell’altare. Sempre sui gradini dell’altare, segnatamente sul terzo della parte anteriore, siede il suddiacono apostolico con ai suoi lati i ministri di rito greco. Il papa resta seduto e il suo capo è coperto dalla mitria dal primo cardinale diacono assistente, le sue ginocchia vengono rivestite dal grembiale; sui gradini del trono trovano posto i collegi prelatizi.
San Pio X durante il canto del Gloria.

Terminato il canto dell’inno angelico, il secondo cardinale diacono assistente leva il gremiale e la mitria al papa, tutti si alzano; i prelati seduti sui gradini del trono, una volta levatisi, salutano il sommo pontefice con la genuflessione e si ritirano su un lato; il suddiacono apostolico e i ministri di rito greco si portano presso la colonna in
cornu epistolae. Dopo il Pax vobis il papa canta l’orazione della messa del giorno al termine della quale tutti si pongono a sedere eccetto il suddiacono apostolico e quello di rito greco che dovranno provvedere alla doppia proclamazione dell’epistola. 
Il venerabile Pio XII proclama la colletta.
Il suddiacono apostolico canta l’epistola, premessa la genuflessione all’altare e al papa. Una volta terminata è affiancato dall’ipodiacono di rito greco che, con le medesime modalità, ripete la proclamazione della pericope scritturale nella sua lingua. Compiuto il canto essi salgono al trono del sommo pontefice, premessa la genuflessione e, inginocchiatisi, baciano il piede al papa. Il ministro di rito greco torna al suo posto, mentre il suddiacono apostolico sosta presso il cardinale diacono ministrante il quale nel frattempo - dal libro sorretto dal caudatario - legge l’epistola e i brani “interlezionali”. I due arcivescovi assistenti al soglio salgono con il libro e la candela ricurva al trono per consentire al papa di leggere epistola, brani interlezionali e vangelo [85], quindi avviene l’imposizione dell’incenso ministrata dal cardinale vescovo assistente.  Il cardinale diacono ministrante porta l’evangelario all’altare, premettendo l’inchino, ponendolo nel mezzo della mensa quindi si reca presso il trono per baciare la mano al papa, fa ritorno all’altare per recitare il Munda cor meum. I sette prelati votanti di segnatura che ministrano come accoliti si collocano con i candelieri in plano sotto l’altare, in mezzo a loro sta il suddiacono apostolico. Il gruppo così formato viene raggiunto dal cardinale diacono ministrante che porta l’evangeliario e dal prelato turiferario; si dirigono verso il trono papale, tutti genuflettono eccetto il cardinale diacono ministrante che chiede e riceve la benedizione dal papa per cantare il vangelo. Si portano quindi in cornu evangelii ove sarà posto un leggio e su di esso viene posto l’evangeliario, ai lati del leggio si collocano i prelati con i candelieri stando quattro alla destra e tre alla sinistra.

 
Terminato il canto del vangelo latino il suddiacono apostolico riceve il libro e sosta alla destra del leggio. Il papa siede e viene coperto della mitria, cinque dei sette prelati portano i candelieri alla credenza, il cardinale diacono ministrante va al suo sgabello e si copre con la mitria. Il diacono greco pone l’evangeliario sulla mensa premettendo la genuflessione prima all’altare e poi al santo padre; si reca al trono e bacia il piede al papa. Ritorna immediatamente all’altare per recitare la preghiera preparatoria al vangelo, nel frattempo l’ipodiacono greco lo attende ai piedi dell’altare, lo accompagna nuovamente al trono papale ove si pongono entrambi in ginocchio e il diacono riceve la benedizione. I due ministri greci vanno al leggio. Tutti si scoprono e si alzano, il diacono proclama il vangelo in lingua greca, l’ipodiacono, alla fine del canto, come si costuma nel loro rito risponde Δόξα σοι, Κύριε, δόξα σοι, [86] quindi - assieme al suddiacono apostolico che sta alla sua destra - porta a baciare l’inizio dei vangeli al santo padre salendo al trono senza genuflessione. Salutato il papa con la genuflessione ai piedi del trono il suddiacono apostolico va presso il cardinale diacono ministrante e l’ipodiacono va presso il suo posto usuale (presso la colonna dell’altare dal lato dell’epistola). Il cardinale vescovo assistente incensa il papa.

I due arcivescovi assistenti al soglio salgono presso il sommo pontefice recando il libro e la candela, il libro è sostenuto dal cardinale vescovo assistente mentre il papa intona Credo in unum Deum, quindi è nuovamente retto dall’arcivescovo mentre il papa lo recita e la cappella dei cantori lo esegue; il cardinale diacono ministrante lo recita assieme al suddiacono apostolico. Come già avvenne per il Gloria, terminata la recitazione tutti seggono. Nel frattempo uno dei prelati votanti in segnatura si reca alla credenza per compiere gli assaggi di rito del vino e dell’acqua – detti “probe”- che saranno compiute dal coppiere. Appena intonato il Credo, il monsignore sacrista si reca alla credenza ove - toltosi la mitria - riceve sulle spalle il velo omerale, prende il calice con sopra la patena, il cucchiaino e tre purificatoi coprendo tutto con il velo, un prelato votante di segnatura prende il vassoio con le ampolle coperte del velo, il piccolo recipiente per la pregustazione, un cerimoniere prende tre purificatoi. Dopo l’Et incarnatus est, scortati da due mazzieri, vanno alla credenza del coppiere premessa la genuflessione all’altare e al santo padre. Il coppiere assaggia l’acqua, con essa il cerimoniere lava il calice, la patena, il cucchiano che serve a mettere le gocce d’acqua nel calice e l’ampolla nella quale si metterà il vino, asciuga quindi gli oggetti con i purificatoi che aveva portato; vengono riempite allora le ampolle con acqua e vino. Il sacrista con il prelato votante portano gli oggetti in cornu epistolae della mensa.

Sulla mensa sarà stesa dopo l’Et incarnatus una tovaglia che stava ripiegata verso i candelieri dell’altare per mezzo del cardinale diacono ministrante e dal suddiacono apostolico che compiranno questo ufficio dopo essersi lavati le mani. Questa tovaglia, considerato che viene spiegata in questo momento della messa viene detta “tovaglia dell’Incarnatus” o anche “strogolo” [87]. Una volta spiegata la tovaglia il suddiacono apostolico va alla credenza del sacrista accomodandosi al collo il linteo reca la grande borsa del corporale e la scatola delle ostie, il cardinale diacono ministrante estrae e spiega il corporale togliendo dalla borsa anche i purificatoi, con uno di essi il suddiacono apostolico asterge internamente ed esternamente il calice sopra il quale viene messa la patena con la palla.
Canto dell'Et incarnatus al Credo (Venerabile Pio XII).
Una volta terminato il canto del Credo il papa si alza, canta Dominus vobiscum e Oremus, siede nuovamente e legge l’offertorium del giorno. Terminata la lettura il cardinale vescovo assistente gli toglie l’anello, i cardinali diaconi assistenti le chiroteche. Il santo padre riceve la lavanda delle mani ministrata da un conservatore, o dal principe assistente al trono, con le modalità già descritte; riceve nuovamente il suo anello al dito.

Durante queste azioni il cardinale diacono ministrante prende tre ostie dalla scatole, con una delle tre tocca la patena e il calice al suo interno e al suo esterno, prende una seconda e fa lo stesso, spezza le ostie e le dà al monsignore sacrista che le consuma, mette quindi l’ostia da consacrarsi sulla patena, contemporaneamente un cerimoniere versa un poco di vino e di acqua nel recipiente deputato all’assaggio che sarà compiuto parimenti dal sacrista. Compiutosi tutto questo il cardinale diacono versa il vino da consacrarsi nel calice. Il papa muove dal trono all’altare, prima di salire i gradini depone la mitria. Alla sua sinistra sta il cardinale vescovo assistente che provvede a indicare i testi sul libro e a volgere le pagine, accanto a lui, alla sinistra, l’arcivescovo assistente al soglio che sostiene la candela ricurva. Il cardinale diacono ministrante compie i consueti uffici; i cardinali diaconi assistenti sostano innanzi l’altare. Compiutasi l’offerta dell’ostia il suddiacono apostolico - sostenendo il cucchiaino con alcune gocce d’acqua - domanda genuflesso la benedizione al papa, una volta impartita immette l’acqua nel calice e, mentre questo viene offerto, va a indossare il velo omerale che servirà a sostenere la patena sostando sul terzo gradino ed avendo ai suoi fianchi i ministri di rito greco.

Segue l’incensazione delle oblate, della croce e dell’altare da parte del papa che, una volta compiuta, col capo rivestito dalla mitria riceve la turificazione dal cardinale diacono ministrante e si lava le mani. La lavanda è somministrata o da un conservatore o dal maestro del Santo Ospizio, mentre l’arcivescovo assistente al soglio deputato al libro ne regge uno apposito in cui è riportato il salmo Lavabo. Frattanto l’incensazione è proseguita dal cardinale diacono ministrante che turifica i cardinali, i patriarchi, gli arcivescovi e i vescovi assistenti al soglio e quindi viene completata dal prelato che compie l’ufficio di turiferario che incensa gli altri prelati.

Mentre viene detta la segreta viene tolto lo zucchetto al papa; al principio del Sanctus otto prelati votanti di segnatura recano le torce e si dispongono quattro per parte presso le colonne anteriori dell’altare; tutti si pongono in ginocchio eccetto coloro che devono restare in piedi in ragione del loro ufficio. 

Durante il canone il papa dice: “Una cum me indigno famulo tuo, quem gregi tuo praeesse voluisti”. Stese le mani sulle oblate tutti si mettono in ginocchio, dalla fine del canto del Sanctus suonano gli ottoni e nessun segnale è dato con il campanello [88].
Durante il canone.

Poco prima dell’elevazione il prelato turiferario, una volta che è stato infuso l’incenso da un cerimoniere, si inginocchia dal lato dell’epistola sull’orlo della predella per incensare le sacre specie che vengono elevate. Il sommo pontefice eleva le sacre specie compiendo un semicerchio prima verso il lato dell’epistola e poi quello del vangelo. 

Elevazione dell'ostia (Venerabile Pio XII).
Elevazione dell'ostia (San Giovanni XXIII).
Consacrazione del calice (venerabile Pio XII)

Poco prima del
Pater noster il monsignore sacrista si porta alla credenza dei vasi sacri, riposta la mitria, copertosi di un velo intessuto d’argento, prende il piccolo calice per l’abluzione del papa, la fistula (detta anche calamo) e tre purificatoi; egli è accompagnato da un prelato votante in segnatura che prende il vassoio con le ampolle e un piccolo recipiente per le “probe” e da un cerimoniere che porta tre purificatoi. I tre, scortati dai mazzieri, vanno alla credenza del coppiere. Si compie nuovamente la pregustazione del vino e dell’acqua da parte del coppiere; il cerimoniere lava con il vino la fistula, estrae lo spillone che sta dentro di essa, lava questa e il calice: gli oggetti sono asciugati con i purificatoi e lo spillo viene rimesso all’interno della fistula; le ampolle vengono riempite di vino ed acqua.


Dopo il Pater noster il papa riceve la patena dal cardinale diacono ministrante che a sua volta l’ha ricevuta dal suddiacono apostolico il quale, toltosi il velo omerale dalle spalle, torna al suo posto in mezzo ai ministri di rito greco. Durante l’orazione Domine Jesu Christe il cardinale vescovo assistente si inginocchia alla destra del sommo pontefice, levatosi bacia assieme a lui l’altare e riceve dallo stesso l’abbraccio della pace che poi il papa darà ai cardinali diaconi assistenti. Il cardinale vescovo assistente porta la pace agli altri cardinali, ai patriarchi, agli arcivescovi e ai vescovi assistenti al soglio e a un uditore rotale che la trasmetterà agli altri prelati e infine la porge al cerimoniere che - osservando l’ordine gerarchico - la darà a tutti gli altri.

Il sommo pontefice genuflette innanzi al santissimo sacramento e si reca a capo scoperto al trono accompagnato dal cardinale vescovo assistente e i due cardinali diaconi assistenti poiché “non comunicat ubi frangit” [89]. Al trono giunge pure il monsignore sacrista con il calice della purificazione e la fistula. Ha così inizio il complesso rito della comunione del domnus apostolicus che forse rappresenta il tratto più caratteristico e senza dubbio più esclusivo della liturgia papale [90]. Il papa sosta in piedi davanti alla cattedra nell’attesa che vengano recate le specie consacrate. All’altare sale il suddiacono che si pone genuflesso trasversalmente in cornu evangelii; il  cardinale diacono ministrante, una volta coperta la patena con l’ostia consacrata con l’asterisco, la prende tra le mani e - levatala all’altezza degli occhi - fa due movimenti in forma di semicerchio volgendosi prima dal lato dell’epistola quindi dal lato del vangelo, infine rimette nelle mani del suddiacono apostolico (ricoperte dalla preziosa stoffa dal linteo pectorale - altrimenti detto Dominicale - che pende dal collo) la patena. Il suddiacono apostolico immediatamente si alza e il cardinale diacono ministrante adora il sacramento con la genuflessione doppia; resta genuflesso fino a quando il suddiacono apostolico non si è allontanato dall’altare. All’arrivo di questi con l’ostia il papa adora il corpo di Cristo così recatogli genuflettendo utroque genu; il suddiacono apostolico si ritira alla sua sinistra.

Comunione del papa
(dettaglio del frontespizio da A. Rocca, De Sacra Summi Pontificis Communione)
Il venerabile Pio XII attende il trasporto della comunione.

Il cardinale diacono ministrante scopre il calice, compie l’ostensione tracciando dei semicerchi come per la patena con l’ostia consacrata, quindi il calice viene ricoperto con una grande palla con ricami d’oro, viene portato al trono ove tutti, eccettuato il suddiacono apostolico, genuflettono nuovamente. Il cardinale diacono ministrante sosta innanzi al suddiacono apostolico. Il papa legge le orazioni che precedono la comunione (Domine Jesu Christe e Perceptio Corporis) quindi - levato l’asterisco da un cerimoniere - il santo padre prende l’ostia dalla patena sorretta dal suddiacono apostolico che gli sta innanzi e - percuotendosi il petto - dice tre volte il Domine non sum dignus; assume la parte minore dell’ostia riponendo la restante, una volta spezzata in due parti, sulla patena immediatamente ricoperta con l’asterisco. Frattanto un cerimoniere leva lo spillone che sta all’interno della fistula e consegna la stessa al monsignore sacrista che la rimette al cardinale vescovo assistente.
Il venerabile Pio XII si comunica al calice con la fistula.
San Paolo VI si comunica al calice con la fistula (dettaglio).
Il santo padre recita il Quid retribuam Domino, ricevuta dal cardinale vescovo assistente la fistula si segna con essa e per suo tramite prende due o tre sorsi del preziosissimo sangue. La fistula viene lasciata nel calice e sostenuta dal cardinale diacono ministrante. Il suddiacono apostolico si ripresenta innanzi al papa, un cerimoniere toglie l’asterisco dalla patena e assieme al cardinale diacono ministrante si mette in ginocchio sul gradino del trono. I due ministri ricevono la comunione e quindi l’abbraccio di pace da parte del papa [91]. I due vanno subito all’altare ove la patena recata dal suddiacono apostolico viene astersa sul calice dallo stesso, il cardinale diacono ministrante sume una parte del preziosissimo sangue per mezzo della fistula e consegna la restante parte al suddiacono apostolico che la sume direttamente dal calice. Se il frammento di ostia consacrata non si fosse sciolto il suddiacono apostolico lo estrae con un cucchiaino e lo consuma; i vasi sacri e la fistula vengono purificati ed asciugati. Il diacono ritorna al trono per cantare ai piedi di esso il Confíteor stando inchinato e inchinandosi ancor più alle parole Tibi, Pater, e Te, Pater; il papa pronunzia in canto il Misereatur e l’ Indulgentiam [92].

Il cardinale diacono ministrante torna all’altare ostendendo la pisside come aveva fatto con la patena e la consegna al suddiacono apostolico il quale la porta al trono con il dominicale.  Il papa distribuisce quindi la comunione mentre due uditori rotali sorreggono la tovaglia innanzi i comunicandi e un cerimoniere sorregge il piattino sotto il mento di essi [93].

Il sommo pontefice - terminata la distribuzione della comunione - fa l’abluzione bevendo da un piccolo calice riempito di vino che gli viene porto dal cardinale vescovo assistente, si asterge con un purificatoio, legge le consuete formule (Quod ore sumpsimus ecc.). Il papa si lava le dita in un apposito piccolo recipiente sorretto dal primo dei cardinali preti che versa altresì l’acqua e, messosi a sedere - ripresi zucchetto e mitria - riceve infine la lavanda delle mani per mezzo del principe assistente al soglio. Preceduto dagli arcivescovi che portano il libro e la candela il papa si porta all’altare per leggere il communio e cantare l’orazione di postcommunio come avviene di solito.

Il crocifero uditore rotale, dopo l’Ite missa est, si porta dietro la mensa dell’altare portando la croce e volge l’immagine del crocifisso al sommo pontefice che impartisce la benedizione. Dopo di questa il cardinale vescovo assistente si china al papa e dice: Indulgentiam, Beatissime Pater. Il papa risponde: Plenariam. Il cardinale vescovo assistente legge dalla tabella che gli è porta la formula di pubblicazione dell’indulgenza e va a recarsi tra i cardinali vescovi. Il papa legge l’ultimo vangelo e per mezzo del cardinale diacono ministrante toglie il pallio e il manipolo e riceve la mitria.

Durante la lettura dell’ultimo vangelo i cerimonieri predisporranno la processione di sortita, questa volta la croce è accompagnata da solo due candelieri. Il papa si porta alla sedia gestatoria ove depone la mitria e assume la tiara. Qui riceve il “presbyterium” ossia la borsa con l’offerta rimessa dal cardinale arciprete della basilica vaticana accompagnato da due canonici della stessa, che la consegna al santo padre con la formula: “Beatissime Pater, Capitulum et Canonici hujus sacrosanctae Basilicae offerunt consuetum Presbyterium pro Missa bene cantata. Il papa riceve il bacio della mano da parte del cardinale arciprete e del piede da parte dei due canonici, consegna la borsa al cardinale diacono ministrante che la dona al suo caudatario.

La processione muove alla volta della cappella della pietà ove il papa, attorniato dai cardinali, si spoglia dei sacri paramenti e si reca nella stanza preparata a deporre la falda. I cardinali si levano i paramenti ove si trovano. Il cardinale diacono ministrante, il suddiacono apostolico, il crocifero e i ministri greci depongono i loro paramenti sull’altare della cappella stessa, mentre patriarchi, arcivescovi, vescovi e abati vanno nella vicina cappella di S. Sebastiano e consegnano i paramenti ai familiari. I penitenzieri depongono i paramenti presso la sacrestia della basilica.





Note:
[74] Si sono occupati a diverso titolo dei pontificali papali D. GEORGI, De liturgia Romani pontificis, Romae, Bernabò, 1731-1744, voll. 3; F. CANCELLIERI, Descrizione de’ tre pontificali che si celebrano nella Basilica Vaticana per le feste di Natale, di Pasqua e di san Pietro, Roma, Stamperia Romana, 1788; ID., Descrizione delle funzioni della Settimana Santa nella Cappella Pontificia, Roma, Bourliè, 18184, con ampia bibliografia G. MORONI, Le cappelle…, cit.; F. X. BARBIER DE MONTAULT, L'octave des SS. Apotres Pierre et Paul a Rome, Rome, Spithoever, 1866; ID. Les fêtes de Pâques a Rome, Rome, Spithoever, 1866, ove l’A. propone una descrizione a tutto tondo, di gradevolissima lettura, delle celebrazioni papali proprio alle soglie della caduta del potere temporale. Di circa vent'anni dopo il volume del cerimoniere P. RINALDI-BUCCI, Caeremoniale Missae quae a Summo Pontifice ecclesiae universalis ritu solemni celebratur, Ratisbonæ, Pustet, 1889; di pochi anni successivo il volume del cerimoniere G. B. M. MENGHINI, Le solenni ceremonie della messa pontificale celebrata dal Sommo Pontefice, Roma, Desclée, 1904; per sintetico nitore segnaliamo la descrizione di A. KING, Liturgy of the Roman Rite ... cit., pp. 397-401; più recenti gli approfonditi studi sul cerimoniale di Patrizi Piccolomini, base per la regolazione delle funzioni papali, di M. DYKMANS, L’oeuvre de Patrizi Piccolomini, ou le cérémonial papal de la première Renaissance, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1982, voll. 2. (avente come oggetto l’opera del Patrizi, cfr. A. PATRIZI PICCOLOMINI: Rituum ecclesiasticorum, cit.). Eccelle per dovizie di dettagli il commento dell’opera di Agostino Patrizi di: G. CATALANO, Sacrarum caeremoniarum, sive rituum ecclesiasticorum Sanctae Romanae Ecclesiae, Romae, Fulgoni, 1751, voll. 2.
[75] Cfr. G. CATALANO, Sacrarum caeremoniarum … cit., I, p. 408 e anche G. MORONI, Le cappelle…, cit. p. 2-12.
[76] Di questa particolare denominazione si trova una interessante spiegazione in F. CANCELLIERI, Descrizione de’ tre pontificali … cit., p. 88: anticamente nelle chiese ove il papa si recava processionalmente a piedi nudi, veniva allestita una stanza con un letto ove il sommo pontefice, sovente in età avanzata, potesse riposarsi e lavarsi i piedi prima di pararsi e iniziare i divini uffici.
[77] L’uso di far servire come accoliti i prelati votanti in segnatura - così come di far ministrare come suddiaconi gli uditori rotali – fu istituito, attorno la metà del Seicento, da papa Alessandro VII. Propedeutica a tale riforma fu la soppressione dei collegi dei suddiaconi ed accoliti apostolici, alla decisione si pervenne in considerazione del fatto che – essendo tali uffici in vendita – accadeva che i posti fossero ricoperti da “individui poco degni”, G. MORONI, Le cappelle … cit., p. 31. Sul collegio dei prelati votanti in segnatura apostolica si veda: I NABUCO, Ius pontificalium…cit. p. 30.
[78] Dentro la “lanterna” è conservato il lume che serve ad accendere la candela ricurva nei momenti opportuni, cfr. F. CANCELLIERI, Descrizione de’ tre pontificali … cit., p. 107.
[79] Il diminutivo è da considerarsi riferito allo spessore. Il libro è usualmente manoscritto e riporta solamente i testi ordinari della messa assieme a quelli del proprio del giorno in cui esso è adoperato.
[80] Il succintorio è confezionato similmente a un manipolo; esso pende dal lato sinistro fissato a un cingolo. Su di esso sono ricamate la croce, e l’agnello dell’Apocalisse con il libro chiuso con i sette sigilli pendenti. Esso un tempo era proprio di alcuni vescovi (p. e. L’arcivescovo di Milano) ed è rimasto come caratteristico della messa papale, cfr. G. BRAUN, I paramenti sacri, cit. p. 81. G. BONA, Rerum liturgicarum, Parisiis, Billaine, 1672, p. 245 lo mette in relazione con l’ ἐπιγονάτιον che è sospeso – secondo l’uso costantinopolitano – al ginocchio dei vescovi e dignitari (p.e. coloro i quali sono rivestiti della dignità archimandritale).
[81] I. NABUCO, Ius pontificalium…cit., p. 187 e 190 nota 38, il fanone è messo in relazione con l’amitto del quale sarebbe una derivazione, nel descriverlo, l’Autore, che ne delinea altresì velocemente lo sviluppo e divenire storico, paragona la foggia del fanone a quella della mozzetta. Si veda anche G. BRAUN, I paramenti sacri…, cit. p. 69.
[82] I. NABUCO, Ius pontificalium…cit., p. 351 riferisce il costume del venerabile Pio XII di accedere già con calzari e sandali liturgici indossati; l’uso fu poi imposto in tutte le celebrazioni pontificali, cfr: nota 13.
[83] Secondo G.B. M. MENGHINI; Le solenni ceremonie … cit., p. 34, parrebbe che il cardinale diacono ministrante levi il cingolo “comune” prima di annodare quello provvisto del succintorio; secondo F. CANCELLIERI, Descrizione de’ tre pontificali … cit., p. 50, il succintorio verrebbe messo sotto il cingolo ordinario e, una volta fissato, quest’ultimo verrebbe tolto; questa modalità ci sembra senza dubbio più pratica e funzionale anche perché non costringerebbe a dover nuovamente accomodare il camice. Tale modalità è altresì quella descritta da A. PATRIZI PICCOLOMINI, Rituum ecclesiasticorum … cit., f. lxxx.
[84] Si sarà notato che il sommo pontefice non fa utilizzo del pastorale; una pia tradizione vuole che san Pietro donasse il suo pastorale a san Eucario (primo vescovo di Treviri) il quale, per mezzo di questo, ebbe a resuscitare il suo compagno nell’evangelizzazione delle Gallie san Materno; qualora il papa dovesse trovarsi a Treviri tornerebbe a usarlo, così F. CANCELLIERI, Descrizione de’ tre Pontificali … cit., pp. 102-103; una trattazione specifica dell’argomento è quella di G. CIAMPINO, Dissertatio historica an Romanus pontifex baculo pastorali utatur, Romae, Komarek, 1690. Si veda anche: P. RINALDI BUCCI, De insignibus episcoporum commentaria, Ratisbonae, Neo Eboraci et Cincinnati, Pustet, 1891, pp. 53-58.
[85] Ricordo che secondo il messale del 1962 non vi è la lettura privata delle pericopi scritturali. Cfr. nota 26.
[86] Secondo A. KING, Liturgy of the Roman Rite … cit., p. 56, è il coro ad eseguire la risposta.
[87] Detta tovaglia potrebbe essere il retaggio dell’antica foggia del corporale che copriva interamente la mensa dell’altare, cfr. J. A. JUNGMANN, Missarum sollemnia, trad. it., II, Casale, Marietti, 1954, p. 43.
[88] Vedi nota 73.
[89] G. DURANDO, Rationale Divinorum Officiorum, Lugduni, Buysson, 1592, p. 385.
[90] Ampia la trattazione su questo particolare momento della messa papale in A. ROCCA, De sacra summi pontificis communione, Romae, Facciotti, 1610; per una descrizione particolareggiata vedi G. CATALANO, Sacrarum caeremoniarum … cit., pp. 81-85. Va notato che in passato i romani pontefici concedettero amplissimi privilegi, ad esempio al patriarca di Lisbona (cfr. J. NABUCO, Ius pontificalium … cit., pp. 3-4), ma mai concessero la comunione ad sedem exaltatam.
[91] Secondo F. CANCELLIERI, Descrizione de’ tre pontificali … cit., p. 74, il cardinale diacono ministrante riceve la comunione restando in piedi e sostenendo il calice con dentro la fistula da riportare all’altare una volta comunicato; così anche: A. KING, Liturgy of the Roman Rite … cit., p. 400; stessa prassi è attestata da A. PATRIZI PICCOLOMINI, Rituum ecclesiasticorum…, cit., f. LXXXII v.. P. RINALDI BUCCI, Caeremoniale missae … cit., p. 47, dice che il papa spezza solo in questo momento la parte della santa ostia che serve alla comunione del cardinale diacono ministrante e del suddiacono apostolico; stessa prassi è testimoniata dal Catalano dal quale probabilmente è mutuata: G. CATALANO, Sacrarum caeremoniarum…cit., p. 82.
[92] A. PATRIZI PICCOLOMINI, Rituum ecclesiasticorum…, cit., f. CX r. Tale uso di cantare le formule perdurò: si ritrova, in tal senso, testimonianza in G. CATALANO, Sacrarum caeremoniarum…cit., ibidem;  F. CANCELLIERI, Descrizione de’ tre pontificali … cit., p. 75; G. MORONI, Le cappelle pontificie … cit., p. 265. Come già indicato alla nota 31 la confessione è soppressa con il messale nell’edizione del 1962.
[93] I ministri di rito greco non ricevono la comunione anche per non far variare il loro costume di comunicarsi nel loro rito con il pane fermentato, cfr. F. CANCELLIERI, Descrizione de’ tre pontificali … cit., p. 114. Il calice dell’abluzione dovrebbe essere ministrato dal monsignore sacrista o dal diacono di rito greco. (cfr A. PATRIZI PICCOLOMINI, Rituum ecclesiasticorum…, cit., f. CX r)