domenica 18 novembre 2018

Un Ordo ben fatto per il 2019.


L’Ordo è un genere  di pubblicazione che sicuramente non  difetta  in questi giorni che si collocano a cavaliere tra due anni liturgici. Come è noto, infatti, la prima domenica di Avvento segnerà l’aprirsi di un nuovo ciclo annuale. È ovvio che Diocesi, Ordini, Istituti religiosi, si siano prodigati a redigere il loro calendario liturgico e, sicuramente, tra i vari prodotti editoriali,  si possono rinvenire, pur in parte minoritaria, quelli previsti per quella che viene definita (usando il linguaggio del motu proprio “Summorum Pontificum” ) forma extraordinaria del rito romano. Certamente il maggiore interesse sviluppatosi nei confronti della liturgia antica, unitamente al capillare diffondersi degli strumenti del web, hanno contribuito in modo sostanzioso a un incremento in tal senso.  Se la mia mente dovesse correre agli anni dell’adolescenza, serbo il ricordo dell’esistenza di un Ordo, stampato in Francia da una comunità religiosa vicina alla Fraternità San Pio X: esso era l’unico.  Ottenerlo significava accordarsi con gli amici interessati, scrivere, pagare, farsi spedire le copie. Operazioni facili a dirsi, o a scriversi, ma non da porsi in atto all’epoca! Email, pagamenti smart con paypal e quant’altro erano ancora ben lontani. Nel nuovo contesto di varietà che si è venuto a creare, talvolta frutto della nota combinazione di tasti “CTRL + C” e, quindi, “CTRL + V”, sono davvero rimasto positivamente sorpreso da un Ordo disponibile, gratuitamente, contattando il blog “Traditio marciana” [qui]. 

Sono due i motivi per i quali la mia attenzione si è soffermata: l’inserimento dei propria diocesani di quello che è attualmente, in sostanza, il territorio sotto la pertinenza della Conferenza Episcopale Triveneta e la scelta della Editio VI post typicam 1920 (ossia 1952) come base per la compilazione. Va detto che è l’Ordo di “Traditio liturgica” si limita alla celebrazione della Messa e non tratta perciò dell’Ufficio divino, chi si occupa della materia sa che esiste, da diversi anni, un Ordo acquistabile da “Saint Lawrence Press Ltd”, edito annualmente, basato sull’edizione del 1939 (Editio Quinta post Typicam) che – limitatamente al calendario universale – fornisce le indicazioni sull’Ufficio [qui].

La prima caratteristica dell’Ordo di “Traditio marciana” è davvero singolare: calendari con inserimenti dei propria diocesani se ne reperivano, come è ovvio, in “epoca storica” e continuano a essere editi per la forma ordinaria, la “multidiocesanità”, mi si passi qui il termine, è peculiarità del tutto nuova ed originale. È inutile dire che le aggiunte dei propria locali hanno un’immensa importanza: nel calendario universale trovano spazio – secondo precise regole – quelle peculiarità delle Chiese locali con il  loro portato fatto di devozione e storia che, sicuramente, è bene non trascurare e, anzi, va rivitalizzato. Attraverso questa armoniosa varietà nell’unità, si manifesta tangibilmente la comunione della realtà ecclesiastica locale con Roma.

Un plauso va dunque tributato al puntuale compilatore Nicolò Ghigi che ben ha dimostrato, con questo certosino lavoro, di sapersi destreggiare tra le non sempre facili norme calendaristiche, nonché ha dimostrato un notevole ed encomiabile coraggio nella sua scelta redazionale. È assai significativo che questo Ordo abbia visto la luce proprio nell’ultimo scorcio di questo 2018, anno nel quale la Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”, ha permesso, ad experimentum, la reintroduzione dei riti della Settimana Santa nelle forme antecedenti la riforma che scaturì da “Maxima redemptionis”  (1955), in cui chiunque sia dotato di sano senso critico, non viziato da aprioristiche e forsanche opportunistiche proiezioni pregiudiziali, non mancherà di ravvisare allontanamenti dalla intrinseca coerenza del rito, che qui chiamerei per semplificazione “tradizionale”, nonché rappresentarono il prodromo a riforme che, senz’altro, sottendono a quella stessa nuova dialettica e che appaiono evidenti negli sviluppi recenziori.

Ho parlato di coraggio proprio perché non mancano coloro i quali si trincerano dietro a un “sessantaduismo oltranzista” e che sono disposti a non risparmiare attacchi ai sostenitori di un una riappropriazione consapevole del rito tradizionale. Si tratta certo di una posizione di comodo che però ha in sé un vulnus che non permette di cogliere la reale portata di riforme e modificazioni di cui fu fatto oggetto il rito romano nel corso dello scorso secolo. Va detto, con rammarico, che simili posizioni si sono appalesate, per lo più, tra il pubblico italiano, mostrando quasi un vizio etnico a somigliare ai capponi di Renzo di manzoniana memoria.
Dette critiche, prive del men che minimo ragionamento sereno e critico, appaiono, mutatis mutandis, del tutto simili a quelle di coloro i quali – innanzi a chi a gran voce chiedeva di poter usare o fruire del rito tradizionale – rispondevano che il rito è quello scaturito dalla riforma del Concilio Vaticano II e quindi del Missale romanum sia da usarsi l’edizione del 1969. Punto. Al pari di allora si deve tristemente notare che l’argomentazione offerta è assente. L’assenza di questa la si vorrebbe, e pretenderebbe, colmata da una pretesa obbedienza che negli intenti di costoro dovrebbe , in estrema sintesi, mettere a tacere una lettura critico analitica, con buona pace del ben dell’intelletto.

Il valido lavoro di Nicolò Ghigi si pone dunque tra quelle scelte “scomode” ma parimenti opportune e coraggiose, come già lo fu nel 2002 – per fare un esempio abbastanza noto -  la ponderosa e  monumentale edizione del Nocturnale romanum dell’amico Holger Peter Sandhofe (+ 2005), che prese come base della sua compilazione – volta a colmare la mancanza di un volume per il canto dell’officiatura notturna prodottosi a seguito della riforma del canto gregoriano durante il pontificato di san Pio X – l’edizione del Breviarium precedente gli anni Sessanta (che presentava, tra le altre cose, un ampio rimaneggiamento del Mattutino). Opere dunque che servono a una riappropriazione consapevole del rito tradizionale, una riappropriazione che è vero ed efficace antidoto a quegli attacchi di chi vorrebbe, come il ben noto liturgista Andrea Grillo, vedere il rito romano confinato nelle bacheche di un museo o come quello, proprio di questi giorni alla CEI, che vorrebbe annullare con pretesti di nullità, avanzati dopo più di un decennio, da S. E. mons. Carlo Maria Redaelli, le previsioni di “maggior favore” del motu proprio “Summorum Pontificum”.

Ecco perché raccomando i miei benevoli lettori a richiedere l’Ordo di “Traditio Marciana” e a tenerlo con il massimo rispetto e considerazione che davvero merita.

Francesco G. Tolloi
francesco.tolloi@gmail.com


Frontespizio dell' Ordo di "Traditio Marciana"

1 commento:

  1. I apologise for writing in English. If anyone is interested in the old Roman liturgy (BEFORE Pius XII) in England we have the St Lawrence Press Ordo (editio typica 1939).We also have the St Lawrence press blog.

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