Assistenza Pontificale.
(in piviale e in cappa)
Se la celebrazione pontificale da parte del vescovo è
caratteristica delle solennità, in altre occasioni egli interviene assistendo
alla messa solenne celebrata da altri - assiso al trono - rivestito del piviale
e della mitria e impugnando il pastorale. Il vescovo è attorniato dai diaconi e
dal sacerdote assistente rivestiti dei loro abiti e insegne corali, ai piedi
del trono si collocano - come alla messa pontificale - i chierici portainsegne
che in queste occasioni non indossano il piviale. I canonici non indossano i
paramenti ma solo il loro abito corale, essi si dispongono in circolo ai piedi
del trono durante la vestizione, al Kyrie,
Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei; chi fa detti circoli deve
essere canonico e tale prerogativa spetta solo all’ordinario del luogo.
In
siffatte circostanze il vescovo fa ingresso alla chiesa come sopra descritto,
si veste dei sacri paramenti al trono, si reca con mitria e pastorale
all’altare, fatta la dovuta reverenza li depone [40].
Fa la confessione ai piedi dell'altare stando il celebrante – che
gli risponde - alla sua sinistra. Dopo l’Indulgentiam
si avvicinano i suoi diaconi assistenti in abito canonicale e rispondono a
quanto segue; anziché salire l’altare, congedandosi da esso, riceve mitria e
pastorale e si reca al trono benedicendo gli astanti, ivi, consegnato il
pastorale, siede impone e benedice l’incenso. Il celebrante compie
l’incensazione come avviene normalmente alle messe solenni, riceve l’incensazione
dal diacono (duplici ductu); il
turiferario porta il turibolo al sacerdote assistente che - ai piedi del trono
- turifica il vescovo triplici ductu.
Una volta ricevuta l’incensazione il vescovo siede per il tempo di deporre la
mitria; stando in piedi legge l’introito del giorno – nello stesso momento in
cui lo fa il celebrante all’altare - dal messale recato da un chierico e
rischiarato dalla candela della palmatoria sorretta da un altro chierico.
Incensazione. |
Il Kyrie e il Gloria vengono recitati contemporaneamente
al celebrante dal vescovo con i suoi assistenti e dai canonici in circolo;
quando essi si allontanano dal trono vengono benedetti dal vescovo il quale
sedutosi è coperto dalla mitria aurifregiata.
Stando sempre al trono benedice il suddiacono ed il diacono
rispettivamente dopo la proclamazione dell'epistola e prima del canto del
vangelo (le modalità sono analoghe a quelle della messa pontificale).
Dopo
l’omelia può esserci la benedizione indulgenziata (come alla messa pontificale
al trono) [41]. Il momento del Credo ha
uno svolgimento in tutto simile a quello del Gloria. Cessato il canto del simbolo - cantato dal celebrante Dominus vobiscum e Oremus - il vescovo legge contemporaneamente l’offertorio del
giorno, il suddiacono, stando all’altare presso il celebrante, mostra l’ampolla
dell’acqua che viene benedetta dal vescovo prima di essere infusa nel calice.
Spetta al vescovo imporre e benedire l’incenso. Come all’introito sarà
incensato dal presbyter assistens
dopo che il diacono avrà incensato il celebrante.
Durante il prefazio il vescovo sta in piedi al trono, recita,
contemporaneamente al celebrante il Sanctus
assieme ai suoi assistenti e ai canonici disposti in circolo; nel congedarli,
come detto prima, li benedice. Con la mitria e il pastorale procede verso il
mezzo del presbiterio ove è posto un faldistorio. Consegnato il pastorale resta
a capo scoperto e in ginocchio assiste all’elevazione.
Durante l’elevazione, il suddiacono, reggendo la patena col velo
omerale si trova in plano: per non dare
le spalle al vescovo (che è inginocchiato innanzi al faldistorio) si scosta
leggermente verso il lato dell’epistola stando voltato verso quello del
vangelo. Terminata l’elevazione il vescovo si rialza, compie la genuflessione e
riassume mitria e pastorale per spostarsi nuovamente verso il trono, ivi
rimarrà in piedi rivolto verso l’altare. All’Agnus Dei si appressano a lui nuovamente i canonici per fare il
circolo e recitare assieme questa formula. Il sacerdote assistente va
all’altare e si comporta sostanzialmente come il diacono alla messa solenne,
ovverosia si pone in ginocchio alla destra del celebrante mentre dice
l’orazione Domine Jesu Christe, qui dixisti
e - baciato l’altare assieme al celebrante - riceve la pace che porta
immediatamente al trono al vescovo il quale la trasmette ai diaconi assistenti,
il prete assistente dà la pace al suddiacono che la darà ai presenti in coro e
quindi al diacono e al cerimoniere.
Se vi è la distribuzione della comunione dopo il Confiteor pronunzia il Misereatur e l’Indulgentiam [42]. Il vescovo durante la
comunione sta al trono in ginocchio oppure, giusta la consuetudine, solo quando
il celebrante scende a dispensarla. Alla fine della messa spetta al vescovo
impartire la benedizione stando al trono con la mitria in capo e il pastorale
in mano (a meno che non sia arcivescovo o goda di un personale privilegio)
quindi il celebrante legge l’indulgenza concessa.
La pace. |
In occasione di feste meno solenni il vescovo presta la sua
assistenza con la cappa ministrato comunque dal presbyter assistens e dai diaconi assistenti [43]. In tali occasioni egli
si copre della berretta che indossa da solo e gli viene consegnata dal primo
dei diaconi assistenti. Riceve l’incensazione solamente all’offertorio;
impartisce la benedizione con la berretta in capo (eccetto che sia arcivescovo
o abbia il privilegio della croce).
Assistenza in cappa, elevazione (Westminster). |
Per completezza ricordo che il vescovo - trovandosi ad assistere
ad una messa letta nel territorio della sua giurisdizione – riceve da baciare
il testo del vangelo dopo la proclamazione dello stesso e riceve la pace con lo
strumento [47].
Note:
[41] Idem,
p. 334.
[42] Secondo il Messale nell’edizione del 1962
non ha luogo la recitazione del Confiteor
avanti la comunione cfr. nota 31.
[43] CE, II, IX, 4.
[44] Qualora vi fosse uno speciale indulto in
forza del quale il vescovo, pur essendo vestito in mozzetta, presta assistenza
al trono, si comporta come se assistesse al primo stallo del coro; cfr. I.
NABUCO, Ius pontificalium, cit. p.
332.
[45] Ibidem,
al 7.
[46] I. BOURGET, Ceremonial des évêques…cit., p. 63 riferisce di sviluppi piuttosto
amplificati dell’assistenza in mozzetta. Sull’argomento della messa celebrata
da un vescovo alla presenza di un superiore (es. cardinale o metropolita)
rimando a L. GROMIER, Commentaire…cit.
p. 320-325 e anche I. NABUCO, Ius
pontificalium…cit. p. 335 qui l’Autore reputa che anche un cardinale legato
o un prelato superiore che dovesse assistere alla messa dell’ordinario del
luogo si astiene dal prestare l’assistenza in piviale “obsequii causa”. Una
descrizione che eccelle per dettagli e precisione della messa pontificale
celebrata da un vescovo alla presenza dell’ordinario del luogo che siede al
trono in cappa è quella di: MARTINUCCI-G.B.M. MENGHINI, Manuale sacrarum caeremoniarum…, cit., pars altera, I, pp. 233-252.
[47] CE I, xxx, 1 e 2.
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