lunedì 13 aprile 2020

(2) La Messa Pontificale. Tipologie - Caratteristiche - Peculiarità. (Assistenza Pontificale)


Assistenza Pontificale.
(in piviale e in cappa)

Se la celebrazione pontificale da parte del vescovo è caratteristica delle solennità, in altre occasioni egli interviene assistendo alla messa solenne celebrata da altri - assiso al trono - rivestito del piviale e della mitria e impugnando il pastorale. Il vescovo è attorniato dai diaconi e dal sacerdote assistente rivestiti dei loro abiti e insegne corali, ai piedi del trono si collocano - come alla messa pontificale - i chierici portainsegne che in queste occasioni non indossano il piviale. I canonici non indossano i paramenti ma solo il loro abito corale, essi si dispongono in circolo ai piedi del trono durante la vestizione, al Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei; chi fa detti circoli deve essere canonico e tale prerogativa spetta solo all’ordinario del luogo.
Canonici in circolo.

In siffatte circostanze il vescovo fa ingresso alla chiesa come sopra descritto, si veste dei sacri paramenti al trono, si reca con mitria e pastorale all’altare, fatta la dovuta reverenza li depone [40].

Fa la confessione ai piedi dell'altare stando il celebrante – che gli risponde - alla sua sinistra. Dopo l’Indulgentiam si avvicinano i suoi diaconi assistenti in abito canonicale e rispondono a quanto segue; anziché salire l’altare, congedandosi da esso, riceve mitria e pastorale e si reca al trono benedicendo gli astanti, ivi, consegnato il pastorale, siede impone e benedice l’incenso. Il celebrante compie l’incensazione come avviene normalmente alle messe solenni, riceve l’incensazione dal diacono (duplici ductu); il turiferario porta il turibolo al sacerdote assistente che - ai piedi del trono - turifica il vescovo triplici ductu
Incensazione.
Una volta ricevuta l’incensazione il vescovo siede per il tempo di deporre la mitria; stando in piedi legge l’introito del giorno – nello stesso momento in cui lo fa il celebrante all’altare - dal messale recato da un chierico e rischiarato dalla candela della palmatoria sorretta da un altro chierico.

Il Kyrie e il Gloria vengono recitati contemporaneamente al celebrante dal vescovo con i suoi assistenti e dai canonici in circolo; quando essi si allontanano dal trono vengono benedetti dal vescovo il quale sedutosi è coperto dalla mitria aurifregiata.

Stando sempre al trono benedice il suddiacono ed il diacono rispettivamente dopo la proclamazione dell'epistola e prima del canto del vangelo (le modalità sono analoghe a quelle della messa pontificale). 

Dopo l’omelia può esserci la benedizione indulgenziata (come alla messa pontificale al trono) [41]Il momento del Credo ha uno svolgimento in tutto simile a quello del Gloria. Cessato il canto del simbolo - cantato dal celebrante Dominus vobiscum e Oremus - il vescovo legge contemporaneamente l’offertorio del giorno, il suddiacono, stando all’altare presso il celebrante, mostra l’ampolla dell’acqua che viene benedetta dal vescovo prima di essere infusa nel calice. Spetta al vescovo imporre e benedire l’incenso. Come all’introito sarà incensato dal presbyter assistens dopo che il diacono avrà incensato il celebrante.

Durante il prefazio il vescovo sta in piedi al trono, recita, contemporaneamente al celebrante il Sanctus assieme ai suoi assistenti e ai canonici disposti in circolo; nel congedarli, come detto prima, li benedice. Con la mitria e il pastorale procede verso il mezzo del presbiterio ove è posto un faldistorio. Consegnato il pastorale resta a capo scoperto e in ginocchio assiste all’elevazione.

Durante l’elevazione, il suddiacono, reggendo la patena col velo omerale si trova in plano: per non dare le spalle al vescovo (che è inginocchiato innanzi al faldistorio) si scosta leggermente verso il lato dell’epistola stando voltato verso quello del vangelo. Terminata l’elevazione il vescovo si rialza, compie la genuflessione e riassume mitria e pastorale per spostarsi nuovamente verso il trono, ivi rimarrà in piedi rivolto verso l’altare. All’Agnus Dei si appressano a lui nuovamente i canonici per fare il circolo e recitare assieme questa formula. Il sacerdote assistente va all’altare e si comporta sostanzialmente come il diacono alla messa solenne, ovverosia si pone in ginocchio alla destra del celebrante mentre dice l’orazione Domine Jesu Christe, qui dixisti e - baciato l’altare assieme al celebrante - riceve la pace che porta immediatamente al trono al vescovo il quale la trasmette ai diaconi assistenti, il prete assistente dà la pace al suddiacono che la darà ai presenti in coro e quindi al diacono e al cerimoniere.
La pace.
Se vi è la distribuzione della comunione dopo il Confiteor pronunzia il Misereatur e l’Indulgentiam [42]. Il vescovo durante la comunione sta al trono in ginocchio oppure, giusta la consuetudine, solo quando il celebrante scende a dispensarla. Alla fine della messa spetta al vescovo impartire la benedizione stando al trono con la mitria in capo e il pastorale in mano (a meno che non sia arcivescovo o goda di un personale privilegio) quindi il celebrante legge l’indulgenza concessa.

In occasione di feste meno solenni il vescovo presta la sua assistenza con la cappa ministrato comunque dal presbyter assistens e dai diaconi assistenti [43]. In tali occasioni egli si copre della berretta che indossa da solo e gli viene consegnata dal primo dei diaconi assistenti. Riceve l’incensazione solamente all’offertorio; impartisce la benedizione con la berretta in capo (eccetto che sia arcivescovo o abbia il privilegio della croce).
Assistenza in cappa, elevazione (Westminster).
Il vescovo può altresì assistere in mozzetta prendendo posto nel primo stallo del coro. In questo caso riceve semplicemente l’incensazione all’offertorio triplici ductu dopo il celebrante, il diacono – prima di trasmettere la pace al suddiacono – la porta al vescovo. In questo caso al vescovo non spetta leggere nulla durante la celebrazione della messa e neppure impartire alcuna benedizione [44].

 
Se il celebrante della messa cui il vescovo assiste è a sua volta un vescovo non a lui soggetto il Caeremoniale episcoporum reputa opportuno che l’ordinario presti assistenza astenendosi dal rivestirsi dei paramenti e quindi rivestendo solo la cappa [45]. Tutti gli onori (es. i baci nella consegna degli oggetti) e le benedizioni spettano al celebrante. Fanno eccezione l’assoluzione, la concessione dell’indulgenza e la benedizione che hanno luogo dopo l’omelia che sono di stretta pertinenza dell’ordinario. Ne consegue che spetta al vescovo celebrante benedire l’incenso e l’acqua, ricevere il bacio della mano da parte del suddiacono dopo il canto dell’epistola, benedire il diacono per la proclamazione del vangelo, impartire la benedizione alla fine della messa. Il vescovo che assiste si astiene dal recitare le preghiere ai piedi dell’altare che invece alternerà stando al trono con i suoi assistenti, bacia il testo del vangelo dopo il canto dello stesso ma l’incensazione la riceve solo il vescovo celebrante [46].

Per completezza ricordo che il vescovo - trovandosi ad assistere ad una messa letta nel territorio della sua giurisdizione – riceve da baciare il testo del vangelo dopo la proclamazione dello stesso e riceve la pace con lo strumento [47].





Note:
[40] I. NABUCO, Ius pontificalium…, cit., p. 333 considera lodevole l’uso che il vescovo si pari nel “sacrario sive in secretario”.
[41] Idem, p. 334.
[42] Secondo il Messale nell’edizione del 1962 non ha luogo la recitazione del Confiteor avanti la comunione cfr. nota 31.
[43] CE, II, IX, 4.
[44] Qualora vi fosse uno speciale indulto in forza del quale il vescovo, pur essendo vestito in mozzetta, presta assistenza al trono, si comporta come se assistesse al primo stallo del coro; cfr. I. NABUCO, Ius pontificalium, cit. p. 332.
[45] Ibidem, al 7.
[46] I. BOURGET, Ceremonial des évêques…cit., p. 63 riferisce di sviluppi piuttosto amplificati dell’assistenza in mozzetta. Sull’argomento della messa celebrata da un vescovo alla presenza di un superiore (es. cardinale o metropolita) rimando a L. GROMIER, Commentaire…cit. p. 320-325 e anche I. NABUCO, Ius pontificalium…cit. p. 335 qui l’Autore reputa che anche un cardinale legato o un prelato superiore che dovesse assistere alla messa dell’ordinario del luogo si astiene dal prestare l’assistenza in piviale “obsequii causa”. Una descrizione che eccelle per dettagli e precisione della messa pontificale celebrata da un vescovo alla presenza dell’ordinario del luogo che siede al trono in cappa è quella di: MARTINUCCI-G.B.M. MENGHINI, Manuale sacrarum caeremoniarum…, cit., pars altera, I, pp. 233-252.
[47] CE I, xxx, 1 e 2.

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